Io personalmente per valutare un gioco non mi baso su delle demo! Una valutazione del genere non è mai precisa...
io lo acquisto, lo gioco con calma e attenzione, e dopodichè lo valuto secondo quello che è riuscito a trasmettermi soprattutto.
Non credo tu abbia giocato questo gioco, altrimenti avresti provato le emozioni che questo gioco ti lascia! Solo a vedere i filmati di intermezzo, viene la pelle d'oca!!
Non prendertela, può darsi che io mi sbagli, ci mancherebbe, ma secondo me tu non lo hai giocato e ti stai basando solo su demo e trailer.
Riguardo le recensioni per avere una media di 9,7 significa che Uncharted 2 ha ricevuto una marea di giudizi massimi come 10/10, o 5/5 e altri come 9,5/10.
Avere quella media significa superare anche altri giochi come il tuo amato MGS 4.
Le recensioni lo hanno giudicato "perfetto" e "capolavoro"!!
Attualmente non c'è nulla di meglio sul mercato e non ci sarà per almeno un anno (non lo dico io, l'hanno detto i critici)!
Poi è ovvio che nessun gioco ha mai raggiunto la perfezione... per quella a mio avviso bisognerà attendere almeno 20 anni da qui in avanti!
Ma per perfezione si intende la migliore perfezione possibile al momento in cui esce un gioco a livello tecnico, grafico ed emozionale... cosa che Uncharted 2 lo è al 110%!
Ma se dici così, a questo punto anche MGS4 ha i suoi difetti! Anche gli altri ce li hanno, ma quando un gioco ti prende in maniera così intensa, allora i piccolissimi difetti svaniscono nel nulla!
Quando si creano dei capolavori del genere tutto passa in secondo piano... si rimane a bocca aperta e ci si isola dal mondo esterno!
Per quanto mi ha preso questo gioco, quando l'ho finito non mi rendevo nemmeno conto di averlo giocato... pensavo di averlo vissuto!!!!!!!!
Ovvio che poi ognuno ha i suoi gusti personali, ci mancherebbe, ma quando si analizzano giochi di così alto livello bisogna analizzarli obbiettivamente, in modo neutrale, così come fanno i critici delle recensioni.
Un gioco è un capolavoro a prescindere dai propri gusti personali.
Ti lascio con una delle tante recensioni... se vuoi leggila
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Cosa esalta l'animo più del confronto con un povero di spirito? Una linea sottile divide il buon videogioco dal buon cinema, e molto è nelle aspettative che si creano per entrambi, chiamati a misurarsi ciascuno con la propria arte. Nel caso del nuovo Uncharted, dodicesima opera in ordine di tempo di Naughty Dog, pubblicato in esclusiva per PlayStation 3, la sensazione che pervade il giocatore è proprio quella di un'assoluta supremazia tra i deboli.
È il campione del pop-corn game, la nuova avventura di Nathan Drake. Probabilmente la migliore espressione del videogioco d'azione dalla notte dei tempi tecnologici. Eppure, al contempo, un pasticciaccio brutto di personaggi ed eventi al limite del grottesco dal punto di vista della sceneggiatura, per quanto formalmente impeccabile nell'esposizione. Ma cosa importa delle altre arti, si diceva, quando narrativamente è possibile confrontarsi con un povero di spirito, ovvero il videogioco?
Dal punto di vista puramente ludico, Uncharted è invece un'avventura che scorre sotto le dita come il miglior Chricton, come il più ispirato Spielberg, con la stessa invisibile capacità di creare una continua tensione verso l'istante successivo. Nathan Drake è un novello Indiana Jones, la sua storia è un pastiche di tutta la cinematografia d'azione degli ultimi vent'anni, ma il suo pregio maggiore è, senza dubbio, conoscere alla perfezione i ritmi del coinvolgimento.
In circa quindici ore, Naughty Dog ha saputo intessere una sequenza perfetta di eventi, in cui l'esplorazione acrobatica (Tomb Raider) si contrappone allo scontro a fuoco (Gears of War), inframmezzato da enigmi ambientali (Resident Evil) e da combattimenti a mani nude (decine di ispiratori). Ma soprattutto, da molto, moltissimo cinema. Un patchwork dei classici del videogioco, spesso derivativo oltre il limite del tollerabile, eppure realizzato con una competenza tecnica che, istintivamente, oppone al senso critico il senso della meraviglia.
Uncharted 2 è una progressione epica sin dalla prima scena, con la scalata del treno in precario equilibrio sul baratro, passando per la breve fuga da un mezzo corazzato con inquadratura frontale, fino alla lunga incursione sui tetti braccati da un elicottero. E ancora, l'attraversamento del treno in corsa o la scoperta delle antiche rovine tra le montagne. Durante le arrampicate a mani nude tra le macerie di una città nepalese, distrutta dalla guerra civile, viene quasi da ridere, ad ammirare scenari che riempiono letteralmente gli occhi, e quasi da applaudire, per tutti gli stacchi di camera che, persino con banali inquadrature inclinate, insegnano cosa significhi fare cinema in un'opera interattiva.
Non è eccessivo affermare che alcune scene del titolo Naughty Dog promettono di entrare nell'immaginario del videogioco, quantomeno fino all'arrivo di un'avventura migliore che, giocoforza per un medium finora più basato sulle sensazioni che sulle emozioni, lo cancellerà. Eppure, non è possibile rimanere impassibili davanti alla mediocrità narrativa che si contrappone a questa magnificenza tecnica e ludica. Fosse un film, Uncharted sarebbe l'opera di riserva dello sceneggiatore di riserva di Michael Bay, creativamente morto prima di impugnare la penna e tenuto in vita solo da una continua trasfusione di cliché. L'eroe bello e spericolato, la sexy-girl che torna dal passato, il pugnale antico da usare come chiave, l'enigma degli specchi e del raggio di luce. Lo sconosciuto avventuriero che tradisce il suo compagno e il lungo corridoio antico che crolla al passaggio dei protagonisti. Persino i nazisti. Addirittura la vecchia gag del "o sei solo felice di vedermi?". Moretti avrebbe ucciso per molto meno.
Ma come non amare i Naughty Dog, i geniacci di Santa Monica, California, che dagli anni '90 ci insegnano che innovare è una santa missione, ma che ci pensino gli onanisti digitali a perderci dietro tempo? Quindici anni di successi, da Crash Bandicoot a Jak & Daxter, fino all'ultimo Uncharted, che forse non hanno segnato il videogioco, uscito formalmente indenne dalle loro opere, ma che hanno inciso sui videogiocatori, graziati da alcune delle avventure meglio intessute della generazione 3D.
Nessuno, incluso chi scrive, li ha mai sottovalutati, anche perché tecnologicamente equiparabili a un John Holmes del videosviluppo, ma il tempo ugualmente li rivaluterà, come accaduto con i poliziotteschi anni '70 o il trash anni '80. Quel giorno verrà il Tarantino del videogame, il metaregista che rileggerà la cultura pop dei nostri anni, per spiegare come (anche) i Naughty Dog ci hanno plasmati. Nel frattempo, non resta che godere del presente, nella forma di un instant classic dell'azione che impone nuovi standard per questa sfuggente forma d'arte, e si perdoni il termine, che si fonda sull'intrattenimento. E dare così il bentornato a Nathan Drake, e al suo capolavoro scritto sulla sabbia.