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DIARIO DI LAMIA WONG, Agente speciale della Trinity

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view post Posted on 9/11/2007, 21:44
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DIARIO DI LAMIA WONG scritto dall'interprete del personaggio
AUTRICE : Barbara



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INTRODUZIONE



Il destino…mi è capitato più volte di rifletterci, alcune persone ne sono ossessionate. Mi è ritornato in mente oggi, sono tornata per l’ultima volta nel mio ex-appartamento, quello che dividevo con mio padre, ed ho ritrovato il mio diario. Cominciai a scriverlo all’età di 16 anni, è incredibile come non manchi nessun foglio a distanza di tanto tempo, una volta ero molto legata al passato, credevo che il passato formasse ciò che siamo, ed ero orgogliosa di com’ero…ma forse lo credo ancora. Sfogliando questi quaderni dalla calligrafia così infantile da risultare illeggibile capisco quanto il destino in realtà non esista, la mia intera vita ha preso strade ben diverse da quella su cui era indirizzata, e me ne rallegro. Devo molto di tutto ciò che sono a mio padre, e non lo dimenticherò finchè vivrò.



……..15 settembre 1994



Il mio nome è Lamia, non ho un cognome, o meglio, ne ho due: porto quello di mia madre, Lair, e quello dell’uomo che mi ha preso con sé, Wong, ma poiché non ho mai conosciuto mio padre e nessuno me ne vuole parlare dico di non avere un vero cognome. Oggi compio sedici anni, sedici lunghissimi anni vissuti nei più svariati posti, sono stata in molte città del Canada e degli Stati Uniti, sono stata in Italia una volta, e qualche mese in Giappone, strano per una ragazzina di soli 16 anni no? Tutto questo per merito di mio padre, no, non il mio vero padre…ma partiamo dall’inizio. Fuori piove molto, e non avrei comunque nulla da fare.

Stando a quanto mi ha raccontato mia madre sono nata il 15 settembre di sedici anni fa a Toronto. Ho visto le sue foto, lei era una ragazza molto carina, aveva solo diciassette anni, uno in più di me, per questo capisco quanto era spaventata, sarebbe terribile per me avere una figlia da crescere in questo momento. Me la ricordo molto bene, aveva i capelli castani come i miei, ma i suoi erano ricci e lunghi, avevano sempre un buonissimo odore, mi piacevano molto, vorrei avere dei capelli come i suoi, le davano un aria così femminile! Invece io sembro un maschio, me lo dicono anche a scuola, papà preferisce che tenga i capelli corti. Torniamo al giorno della mia nascita. La mamma era andata in ospedale con zia Alice, non è veramente una zia, ma un amica della mamma, lei aveva paura a confessare al nonno di me, e da un po’ viveva in un appartamento con Alice, e quindi non ero ancora stata scoperta da lui. Mamma mi disse che ero la cosa più bella che avesse mai visto, e che nonostante non avesse molti soldi mi avrebbe tenuta con lei. Da piccola mi facevo raccontare sempre questa storia, ma naturalmente mentiva. Il nonno quando scoprì quel che era successo era arrabbiatissimo, le diede dei soldi e le disse di andarsene via. La mamma prese il primo treno e partì senza una meta ben precisa, approdammo a Ottawa. Lì fu facile trovare un lavoro, vi rimanemmo per due anni. Vivevamo in un appartamento di sole due stanze, ma alla mamma bastava, lei aveva molte amiche, e zia Alice era venuta a stare con noi per frequentare l’università. Restammo a Ottawa per due anni, poi ci trasferimmo a Roma per seguire Edward. Era il nuovo fidanzato di mamma, a lui piacevo, quindi non era un problema se la mamma aveva anche una figlia. Decisero di sposarsi in marzo dell’anno seguente, e così abitai a Roma fino ai quattro anni. Poi un giorno la mamma mi lasciò da zia Alice, era incinta di Edward mi disse, sarebbe venuta a prendermi quando sarebbe nato il mio fratellino perché in quello stato non poteva occuparsi di me. Fu l’ultima volta che la vidi. All’inizio la aspettai fiduciosa. Poi con il passare dei giorni nonostante la tenera età capii che qualcosa non era come doveva essere e chiesi a zia Alice dov’era la mamma. Lei non mi rispondeva mai, si limitava a sorridermi e mi proponeva subito qualcos’altro su cui concentrarmi.



Papà ora vuole che vada a letto, riprenderò un’altra volta.




 
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view post Posted on 16/11/2007, 14:01
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LA TRINITY



17 settembre 1994

Ieri non ho potuto scrivere perché papà ha insistito per portarmi fuori a pranzo con lui e un suo collega, naturalmente c’era anche il figlio. Mi fa ridere papà, penserà davvero che non mi sia accorta di quello che sta combinando? Ormai questi pranzi con i figli di “colleghi” accadono spesso. Quello di oggi era Dean, aveva solo tre anni in più di me, ma era così noioso! Un po’ troppo saputello. Ma lasciamo perdere. Dov’ero arrivata? Ah si, all’ultima volta che rividi mia madre. Ero molto piccola, ricordo che piangevo spesso. Zia Alice mi tenne con sé per un mese circa, poi finì in Giappone. Lì dopo due madri ebbi un finalmente un padre, Richard. Era americano, ma il suo lavoro lo portava spesso all’estero, zia Alice si era data da fare per trovare qualcuno che mi adottasse e mi desse le cure di cui avevo bisogno. All’epoca papà era un agente qualsiasi della TRINITY, ora è ai vertici dell’organizzazione, mio padre è molto bravo ed affidabile. Non so di preciso di cosa si occupi, e comunque non mi è permesso parlarne. Fu molto gentile con me, zia Alice mi aveva messo su un aereo abbandonandomi a me stessa, piangeva più di me, e mi promise che quando sarei ritornata mi sarebbe venuta a trovare. Zia Alice sarebbe stata una buona madre per me, questo penso da quel momento. Quando sto a Ottawa viene spesso a trovarmi e mi ascolta molto volentieri. Richard mi venne a prendere in aeroporto, ricordo che all’inizio ero molto spaventata dai giapponesi, li trovavo così strani! Ma presto mi abituai, papà mi portava fuori tutte le volte che poteva, ed ero così impegnata da quel mondo nuovo che non soffrii molto per tutti quei cambiamenti. A soli cinque anni potevo passeggiare per strada parlando il giapponese con le altre bambine, era una lingua che mi faceva ridere parecchio, a scriverla imparai molto più tardi, ma non per necessità.

L’anno seguente la missione di papà finì e potemmo rientrare a New York, la base della TRINITY. Come promesso zia Alice mi venne a trovare e insieme dedicammo l’intero pomeriggio allo shopping per la scuola. Non mi piacevano i vestiti occidentali, ricordo che feci perdere la pazienza a zia Alice cercando quei bellissimi Kimono che indossavano le bambine giapponesi, alla fine trovammo comunque dei bellissimi abitini che mi piacevano.

Papà e zia Alice si trovano molto bene insieme, sono due persone molto gentili. Lei mi ha detto che ora che ho sedici anni devo occuparmi io di papà, visto che sono la donna di casa, mi ha insegnato a fare il bucato e a cucire, ora sto imparando a cucinare.

Lo trovo molto divertente, anche se ogni tanto mi capita di combinare qualche guaio. Sto pensando alla mia prima torta. Avevo scovato la ricetta in un libro di zia Alice, c’era molto cioccolato fra gli ingredienti, e così decisi che avrei fatto quella torta. Avevo otto anni. Sapevo già fare la spesa da sola, papà non ne aveva sempre il tempo, e il supermarket era proprio sotto casa. Così sono scesa a comprarmi il necessario. Ho fatto l’impasto e lo ho infornato, a quel punto però è arrivata Genny. Lei era stata la mia prima amica a New York, era nella mia stessa classe. Io sono scesa e insieme a sua madre siamo andate al parco in fondo alla nostra strada. Ci ho passato diverse ore, avevo lasciato un bigliettino per papà, quindi non si sarebbe preoccupato. Ad un certo punto però la mamma di Genny sorridendo mi ha ripulito il viso da un pezzettino di cioccolato e io sono sbiancata. Me lo ha detto Genny, ero talmente pallida da farla preoccupare.

“La torta!!” ho gridato e mi sono fiondata a casa, ho percorso quasi volando le tre rampe di scale e ho aperto la porta. La puzza di bruciato e il fumo mi facevano lacrimare gli occhi. Ho raggiunto il forno, e papà era lì, con la torta carbonizzata in mano che mi fissava arrabbiatissimo. Non ho mai avuto tanta paura! La sera mi è toccato il solito discorso sulla responsabilità e sulla pericolosità di ciò che avevo fatto. Che noia! La cosa peggiore è stato ripulire la cucina che avevo lasciato nel caos, e non aver potuto mangiare la torta al cioccolato. Che tristezza, tutto quel cioccolato sprecato!



18 settembre 1994

è tardi, e papà non è ancora rientrato, Genny e sua madre sono qui con me. Genny dorme, mentre la madre guarda la tv. Le hanno chiamate dalla TRINITY mi hanno detto. Papà ha dato il loro numero in caso di problemi visto che abitano nella mia stessa strada.Ho un bruttissimo presentimento. L’ultima volta che papà è stato via così tanto senza avvisarmi era rimasto ferito in una sparatoria. Quando tornerà a casa mi farò dire tutto del suo lavoro! Ho sedici anni! È giusto che io sappia cosa fa mio padre. Comunque sono molto preoccupata. Il cellulare è spento. Sia quello che usa normalmente sia quello della TRINITY. Quest’ultimo numero io non dovrei averlo, e papà mi ha fatto promettergli di non usarlo se non in caso di estremo bisogno. Tradotto credo significhi che non lo devo usare se non in punto di morte, ma oggi per la prima volta lo ho usato. Non mi ha risposto. Penso che mi metterò a dormire se ci riuscirò.


 
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view post Posted on 25/9/2009, 09:40
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DRAGO DELL'ELETTRONICA

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