(Soprav)vivere Mia è una quindicenne inglese, che vive in un quartiere popolare dell'Essex insieme a una madre immatura e una sorellina con la quale litiga sempre. Lasciata a se stessa - poiché la madre è decisamente più interessata alle festicciole e al suo nuovo amante, Connor - la ragazza trascorre le sue giornate ubriacandosi e bighellonando fra i campetti, ma soprattutto cercando di coltivare la sua più grande passione: la danza hip hop. L'unico a incoraggiarla sembra essere proprio Connor, uomo fascinoso e gentile che cerca di introdurre un po' di dolcezza nella vita delle due sorelle. I rapporti, però, prenderanno una piega inaspettata...
Umanità alla deriva È l'ambiente a influenzare le persone, oppure sono le persone a modificare l'ambiente con il loro stile di vita? La domanda sorge spontanea di fronte al degrado urbano ed esistenziale di Fish Tank, combinazione non nuova per una regista che già l'aveva rappresentata, seppure con risultati meno convincenti, nella tragicità di quel Red Road datato 2006. Ma stavolta Andrea Arnold va oltre, e riesce a trasformare in forza espressiva quelli che in precedenza erano solo tempi morti: Fish Tank è il classico film che lascia parlare le immagini più delle parole, e in cui i silenzi sono più comunicativi degli scambi verbali. La soffocante desolazione dei luoghi - periferici, depressi, cementificati - riflette il grigiore di un'umanità alla deriva che sembra aver smarrito il proprio scopo, trascinandosi stancamente fra la mera sopravvivenza e gli amplessi del sesso spiccio. Lo sguardo sensibile della Arnold non condanna nessuno (nemmeno l'uomo, in realtà l'unico che tenti - fallendo - di donare un po' di serena normalità al disastrato trio femminile) ma osserva tutto e tutti con una sorta di affetto disilluso, consapevole dell'impossibilità del cambiamento. Perché in questo microcosmo di gente lasciata ai margini, nel quale persino la fuga è solo un capriccio e non un atto di ribellione, ognuno resta irrimediabilmente chiuso in se stesso; comprese le due figlie, che potrebbero solidarizzare e sostenersi a vicenda contro una madre immatura, ma in realtà non si sopportano e vivono un lampo di tenera sorellanza solo nella conclusione, quando ormai si preannuncia il distacco. Troppo tardi forse, oppure di buono auspicio per l'avvenire. Un film di un'essenzialità cruda e quasi verista, che lavora interamente sui paesaggi e sulla centralità delle persone, e al quale si perdona volentieri la inutile falsa pista tragica del pre-finale. Andrea Arnold è un'autrice in crescita: siamo curiosi di sapere cosa ci riserverà in futuro. Da vedere.
Sinceramente non mi fa ne caldo ne freddo. Ho visto milioni di film che trattano degli stessi argomenti quindi vederne uno simile mi lascia del tutto impassibile. Non penso lo vedrò.
Sinceramente non mi fa ne caldo ne freddo. Ho visto milioni di film che trattano degli stessi argomenti quindi vederne uno simile mi lascia del tutto impassibile. Non penso lo vedrò.
premetto che non l'ho visto, pero' secondo me anche se molti film trattano argomenti simili, vanno sempre raccontati e girati in modo differente