| Stavo appunto pensando che magari, una volta finita, assieme all'ultimo capitolo allego una versione .RTF o World da scaricare per leggersela con tutta calma su Pc o ovunque la si possa archiviare. Comunquesia, dopo un po' di pausa, ecco a voi il quarto, megalitico capitolo! Megalitico perchè è davvero mega! Comprende ben 3 livelli di gioco, uno molto steath nel campo scavi della grande piramide, dove si impara ad utilizzare gli spazzi per nascondersi, i travestimenti e i pugni di questo nuovo personaggio, dato che ci sono alcune guardie da stendere silenziosamente senza sparare. Il secondo è praticamente un livello in movimento! Io, precursore dei tempi, già all'uscita di Chronicles avevo in mente una sezione di guida e spara come in Leggend, anche se ai tempi non avevo pensato di far sparare lui dalla macchina: avevo ideato una specie di torretta come quella delle jeep militari, gestibile sia tramite un tiratore appostato sopra, sia tramite un mini-computer posto davanti sul lato del guidatore, quindi in pratica questo guidava e nel contempo usava la torretta. Ho eliminato nella stesura finale quest'arma per rendere la scena più 'grezza', e anche perchè tuttoggi dubito che abbiano inventato un arma simile... Richiederebbe troppo in costi per armarla e rendere la mira precisa mentre si guida in macchina in ambienti ostili come deserti o paludi, però tutto è possibile! L'ultimo livello, invece... Non ve lo anticipo! Scopritelo leggendo il capitolo! Vi anticipo solo che nella stesura in forma progetti di gioco era più lungo, con più combattimenti che qui ho tolto per non essere ripetitivo.
Buona lettura
Capitolo 4: La grande piramide, ma non l'unica...
La grande piramide era andata distrutta, dopo il rovinoso crollo. Tutt'attorno, fremevano degli scavi, gli operai andavano avanti e indietro per il perimetro della piramide, tra gente che scavava, macchinari per i lavori e tutto il resto. Le impalcature per le gru adette al sollevamento di grossi massi si perdevano a vista d'occhio, come del resto le tende dei lavoratori. Gli scavi sembravano in pieno regime, proprio come diceva ufficilamente Von Croy. Sembrava quasi si stesse impegnando sul serio per ritrovare la signorina Croft, o quello che ne rimaneva dopo che un intera piramide le era crollata a dosso. Purtroppo, anche con tuta la buona volontà, la rimozione delle macerie era un affare complicato, ed aprirsi una via verso quello che rimaneva delle sale della grande piramide lo era ancora di più, visto che i lavoratori dovevano operare prevenendo qualsiasi crollo o infiltrazione visto che la loro era ufficialmente una missione di recupero e non potevano assolutamente permettersi di mettere in pericolo una vita umana, ammesso che questa fosse ancora in vita. I vari lavoratori Egizi lavoravano come meglio potevano sotto il sole cocente, andando avanti in una moltitudine di kefiah dei colori più vari per ripararsi dalla calura. In quella moltitudine di uomini e di colori una kefiah nera, in particolare, sembrava muoversi lentamente, andando verso il tendone principale, facendosi largo tra i vari lavoratori. Il suo portatore si muoveva lento, imbacuccato nei tipici vestiti svollazanti Egizi sempre di colore nero, stretti alla vita da una fusciacca rossa, mentre si avvicinava alla tenda del direttore degli scavi. Vi entrò senza esitare, senza neanche curarsi se ci fossero guardie o altro. All'interno, c'erano alcuni uomini, probabilmente dei sorveglianti che discutevano sugli ordini da dare ai lavoratori, e alcuni altri che invece sembravano uomini d'affari, forse dei dirigenti di Von Croy. Uno dei sorveglianti fu il primo a farsi avanti, parlando in Egiziano con un tono a metà tra lo scocciato e il preoccupato, ma l'uomo in nero sembrava non dargli nemmeno retta. Dalla kefiah gli si intravedevano solo gli occhi, ed erano puntati sugli uomini vestiti eleganti in quella tenda. Della poca pelle che si intravedeva dal viso, si poteva distinguere un colorito piuttosto pallido per essere un abitante del luogo "Von Croy." Disse una volta la figura in nero, con accento Americano "Chi di voi è Warner Von Croy?" Chiese ad alta voce, parlando in Inglese. Molti si stupironò in quella tenda, di sentire un lavoratore che si esprimeva in Inglese, dato che solo i sorveglianti e i dirigenti, solitamente, sapevano quella lingua. Uno dei sorveglianti, però, più che impressionato sembrava decisamente infastidito. "Chi ti credi di essere per cercare il padrone? Torna al tuo lavoro, o ti ci faccio tornare io." Il sorvegliante aveva una frusta, con se, e sembrava sapesse usarla da cose la impugnò e la fece schioccare per farsi ubbidire. Gli occhi della sagoma scura divennero irati. Quasi nessuno aveva fatto caso ad un lavoratore in nero che era entrato nella tenda del padrone, ma fecero molta più attenzione quando un corpulento sorvegliante volò fuori dalla tenda con un occhio nero, seguito da una frusta. Ancora più gente si radunò quando un altro lo segui alla stessa maniera, stavolta con tutti e due gli occhi neri, mentre all'interno della tenda sembrava essere scoppiata una bella rissa. Un terzo ed ultimo sorvegliante volò di fuori, strappando il velo che formava l'entrata, lasciando intravedere l'interno ai lavoratori di fuori incuriositi da quanto stava accadendo. All'interno, quello che pareva in lavoratore ammantato di nero aveva preso per la giacca un dirigente, chiedendo di nuovo "Ho chiesto dov'è Von Croy, non farmelo ripetere ancora!" Il dirigente era terrorizzato, a dir poco, tanto che si dimentico subito della segretezza e di qualsiasi altro dettaglio di questo tipo "Il signor Warner è all'altro scavo! All'altro scavo! Non farmi del male!" Piagnucolò, impaurito. Le mani gli si serrarono ancora di più sulla giacca, tirandolo vicino a quegli occhi di un grigio azzurro che spuntavano dalla kefiah "Quale altro scavo? Dove?" Intimo, minacciosa la figura. Il piccolo dirigente tremava, temendo di fare la fine dei sorveglianti "Alla... Alla tomba di Osiride, ci... Circa dieci chilometri da qui... A... A nord, in direzione nord." Disse, mentre gli occhi continuavano a fissarlo. Solo dopo qualche secondo, quelle manacce spuntate dai lunghi abiti neri lo lasciarono andare. Il dirigente si mantenne in piedi a fatica, allontanandosi di qualche passo, parandosi il vivo con una cartelletta vuota che aveva tenuto in mano fino a quel momento. La figura si girò per andarsene, ma prima di uscire si girò di nuovo, urlando "Prega che sia così, altrimenti quando ritorno dovrei dirmi la verità senza denti!" Il piccoletto cadde a sedere, stavolta, lasciando la presa sulla cartelletta che volò in giro. L'uomo uscì dalla tenda, vedendo i lavoratori fare cerchio attorno alla tenda, e attorno ai tre sorveglianti stesi a terra. Non sembravano troppo contrariati, i lavoranti. Uno dei sorveglianti si stava alzando, flettendo le braccia stordito dalle botte e dal volo. L'uomo in nero lo rimise al tappeto colpendogli leggermente la schiena con un pestone. I lavoratori esultarono, acclamando quella sgaoma sconosciuta che aveva steso tre, evidentemente, crudeli sorveglianti. Non fecero storie nel lasciar andare via la sagoma, anzi, lo nascosero ricominciando a trafficare avanti e indietro attorno a lui, nascondendolo cosi nella confusione di quella risma di uomini alla vista degli altri sorveglianti che stavano arrivando per capire cosa diavolo fosse accaduto. Ma nonostante la collaborazione degli operai, i sorveglianti avevano dalla loro altri mezzi... Nella tenda, ad esempio, c'era un telefono... Ed avevano molti mezzi di trasporto, per recarsi in fretta nella stessa destinazione di quel disturbatore, o per cercare di intercettarlo. Ad ogni buon conto, però, alcune delle guardie tentaronò di catturare quella sagoma nera, cercando tra la folla che lo nascondeva, ma l'unica cosa che riuscirono a trovare furono gli abiti neri e la sciarpa rossa usata da fusciacca. La kefiah se la tolse poco dopo, l'uomo, buttando anche quella mentra apriva lo sportello di una delle macchine dei sorveglianti, una jeep senza tettuccio, una di quelle con le chiavi lasciate inserite nel quadro. Non dovevano temere molto i ladri, per lasciare la macchine scustodite in quel modo... Meglio per lui, pensò Jason, mentre accendeva il motore ed usciva di tutta fretta dal campo scavi. La macchina passò frettolosamente tra le altre, andando quindi verso nord e verso questa tomba di Osiride come era stato indicato al suo guidatore, senza perdere tempo. E non ne aveva perso proprio: l'aereo su cui aveva viaggiato, sponsorizzato dal maggiordomo e dall'archeologo, era un jet privato partito poco dopo che ne aveva fatto richiesta nella mansione Croft, atterrato a poca distanza da quel punto dell'Egitto in una piccola cittadina Egiziana. Anche senza parlare la lingua, il denaro era stato sufficiente per comprare il suo travestimento da lavoratore e ottenere un passaggio per il grande scavo. Ed ora si dirigeva già verso quello che era stato definito l'altro scavo, quello scavo che si deduceva dei resoconti delle industrie Von Croy e di cui, probabilmente, il governo Egiziano cosi come tutto il mondo non ne sapeva niente. Cosa cercava Von Croy di cosi importante da iniziare uno scavo parallelo e illegale ad un altro invece legale ed umanitario come quello di salvare la vita della signorina Croft? Una bella domanda, ma che ora doveva aspettare: il fischio di una pallottola sopra la propria testa lo convinse a rimandare a più tardi le congetture. I sorveglianti si erano accorti subito del furto di una jeep, tanto da ostacolare il fuggitivo sparandogli addosso. Jason curvò quel tanto che bastava per evitare gli uomini che sopraggiungevano alla sua destra e le loro pistole, andando quindi quasi a travolgere una tenda, evitata per un soffio lavorando di controsterzo. Jason si ritrovò cosi a guidare in mezzo alle tende dei lavoratori, tentando il possibile tra sterzate e relative sbandate per non abbatterle in quanto quelle persone lo avevano aiutato a scappare. In compenso, i suoi inseguitori si trovarono in difficoltà ad inseguirlo facendo lo slalom tra le tende, per cui le due cose si compensavano. Quello che non si compensava era il fatto che i sorveglianti stessero ancora sparando, anche in mezzo all'accampamento dei lavoratori, senza curarsi del fatto che potessero colpire un innocente. Lui, invece, cercava con ogni mezzo possibile di evitare investimenti accidentali, sterzando e frenando pericolosamente pur di evitare le tende o qualche persona che correva tra di esse allarmata dai colpi di pistola. Aveva persino rinunciato a rispondere al fuoco per evitare di provocare vittime civili, concentrandosi solo a guidare il meglio possibile, mentre attorno a lui aumentavano le urla e gli spari da parte dei sorveglianti. Ma sulla fine del campo, ebbe di nuovo un'amara sorpresa: davanti a lui, tra due tende, stavano in bella mostra una linea di persone ferme. Non avrebbe potuto evitarle... Jason le fissò bene, notando come una di loro era un sorvegliante, un sorvegliante astuto che aveva capito che al fuggitivo non andava a genio investire i lavoratori, e li stava minacciando con una pistola di rimanere immobili. L'unica cosa che non aveva contato era la larghezza della jeep e di non aver disposto nessun innocente vicino a se. Jason accellerò anziche frenare come il sorvegliante sperava. Questi intuì presto che qualcosa non andava come aveva sperato, ma prima di riuscire a voltare l'arma verso l'aggressore, questo gli passò sopra con tutta la Jeep, liberando virtualmente gli operai. Questi non mancarono un'altra volta di rivelare il loro malcontento nei confronti dei sorveglianti, tanto da esultare al passaggio dell'uomo che aveva appena stirato uno dei loro malevoli carcerieri. Jason si rese presto conto del perchè. Alcune guardie avevano pensato bene di salire in macchina e di gettarsi nell'inseguimento, senza curarsi gran che dei lavoratori e delle loro tente, investendo cose e persone senza neppure fingere di tentere di evitarle. Fortuna che ormai stavano uscendo dal campo, altrimenti quei barbari avrebbero sicuramente mietuto vittime tra i poveri lavoratori dello scavo. Jason puntò dritto a nord, accellerando il più possibile, mentre dietro di se iniziavano a fischiare le pallottole dalle altre jeep, costringendolo cosi a dover zig-zagare per evitare il fuoco, ma questo lo rallentava, facendo avvicinare gli inseguitori. Nonostante le manovre, più di una pallottola iniziò a marchiargli la carrozzeria posteriore, fortunatamente rinforzata. L'uomo cercò di abbassarsi il più possibile tra i due sedili, per evitare i colpi che lo stavano per raggiungere, forando il parabrezza, ma continuando a muoversi in quel modo lo avrebbero presto raggiunto. Guardando dallo specchietto, riusciva a vedere solo un paio di macchine abbastanza vicine da potergli sparare, per cui l'uomo pensò velocemente ad un piano da mettere in atto. Veloce, posò con forza il piede sul pedale del freno! La jeep aveva degli ottimi freni per rallentare e fermare la macchina cosi di colpo e cosi duramente come lui voleva, facendosi superare di volata dalle altre due macchine lanciate all'inseguimento sfrenato. Il contraccolpo fece addirittura staccare il parabrezza già pesantemente danneggiato dai fori di proiettile, ma questo era una buona cosa, visto quello che aveva in mente. Jason ripartì subito, dietro agli inseguitori ora inseguiti, ma non prima di aver estratto la pistola e di iniziare a fare fuoco lui stesso. L'uomo iniziò a sparare verso le due macchine, facendo ripetutamente fuoco su una e sull'altra ad alternarsi, cercando di mirare ai passeggeri. Ambedue ospitavano una coppia, pilota e passeggero armati, per cui l'uomo doveva riuscire a tenere tutti a bada allo stesso tempo. Di una riuscì a colpire con un colpo fortunato il pilota, facendo sbandare il veicolo in un'altra direzione mentre il co-pilota tentava di afferrare il volante. L'altra, invece, riuscì ad eliminarla sfruttando una tanica di benzina che portavono legata dietro al veicolo. Sparando a questa, riuscì a farla saltare, incendiando il veicolo che arrestò la sua corsa. Ma dietro di se aveva ancora altre jeep in avvicinamentò. Jason cercò di accellerare il più possibile, ma la fermata, per quanto gli avesse permesso di eliminare due veicoli, lo aveva rallentato molto, facendolo avvicinare pericolosamente ai rinforzi. Quattro macchine, almeno. Anche queste con due persone armate a bordo. Jason si voltò mentre accellerava, confidando nel fatto che il deserto in cui si trovavano fosse privo di ostacoli rilevanti, sparando alle macchine che sopraggiungevano. Non si aspettava di colpirle in punti vitali, solo di rallentarle un po'. Difatti, anche le altre macchine furono costrette a sbandare per evitare i colpi, riducendo la velocità della corsa, ma senza fermarsi. Jason dovette ricaricare, cercando di guardare in avanti per trovare qualche trovata per eludere i suoi inseguitori. Vicino a se riusciva a vedere una duna poco prima di una docile discesa, e forse anche un idea. Accellerando al massimo, senza badare ai colpi che sparavano gli inseguitori alle sue spalle, l'uomo prese nel salire la duna, sperando di venir cosi inseguito. Dalla cima di questa, quella che era una docile discesa diventava ben più ripida e difficile, proprio come sperava. L'uomo si sbilanciò verso il sedile del passeggero, mentre si apprestava a discendere la piccola collina di sabbia per traverso, tentando di bilanciare il peso. Due delle altre macchine lo seguirono, tentando la difficile manovra. Loro avevano il vantaggio di essere in due in macchina e di bilanciarsi a vicenda, ma fortunamtamente, la prima delle macchine curvo davvero troppo stretta sulla discesa, sbilanciando il passeggero che finì addosso al guidatore, facendogli muovere ancora il volante e facendo cappottare la jeep, che finì addosso all'altra che invece aveva curvato più largo. Le due macchine scesero la collina capottandosi una contro l'altra, distruggendosi. Due in meno, ma Jason stava rischiando di fare la stessa fine. Si piegò il più possibile per rimanere centrato col peso, tenendo duramente la macchina in carreggiata senza pericolose sbandate. Arrivò incolume sul fondo della duna, anche grazie alla fortuna, ma sfortunatamente lo fecero anche le due Jeep che avevano preso la discesa senza passare per la duna. Queste superarono le due altre macchine arrivate distrutte sul fondo della discesa, continuando ad inseguirlo, ma Jason aveva preso vantaggio continuando la strada costeggiando la discesa, anziche proseguire verso nord. Non poteva continuare a portarsele dietro fino al luogo dello scavo, doveva sbarazzarsene ora. L'uomo continuò la corsa per un breve tratto, prima di giocarsi il tutto per tutto. Usando il freno a mano, l'uomo fece un inversione di marcia immediata, accellerando per andare incontro alle due macchine che lo inseguivano. Queste furono un po' sbigottite dalla manovra, ma non si lasciarono intimidire, continuando dritte la loro corsa verso l'uomo. Questo cercava di andare nel mezzo delle due, ma queste erano troppo vicine tra loro per riuscire a farlo. Si sarebbe schiantato con tutte e due, ma avrebbe avuto la peggio lui cozzando da entrambi i lati, anzichè uno solo. Nessuna delle tre macchine accennava a girare, ne quella di Jason, ne quelle dei sorveglianti, ma questi non avevano un piano come invece aveva l'uomo. Quando ormai sembrava troppo tardi, Jason estrasse la pistola, oggetto che i sorveglianti sembrava avessero dimenticato nella foga, e inizio a sparare a raffica verso le due macchine, bucando i parabrezza. La sorpresa e lo spavento fecero voltare le due macchine, lasciandogli campo libero per passare in mezzo a loro. La macchina vicina alla duna, però, girò in modo da avvicinarsi ulteriormente alla salita ripida, venendo sbalzata da questa e cappottandosi anche lei, striciando sulla sabbia del deserto. Sfortunatamente, l'ultima macchina non venne coinvolta dall'incidente, e riuscì a riprendere la corsa dopo aver fatto manovra. Jason decise di eliminare anche questa con una manovra rischiosa. Sapeva che non avrebbe avuto successo il trucco di prima, di far inversione, quindi continuò a correre fino a incontrare di nuovo le due macchine sfracellate in precedenza, decidendo di sterzare e fermarsi li davanti a queste. La macchine inseguitrice gli era addosso, e stavolta gli occupanti stavano rispondendo al fuoco. Jason si riparò, abbassandosi fino a che il momento non sembrasse opportuno, si alzò di scatto, mirando al guidatore e facendo fuoco. Il colpo colpi l'uomo alla spalla, facendogli perdere il controllo del mezzo. Jason lasciò finalmente il piede dalla frizione, facendo partire il suo mezzo e rivelando gli altri due distrutti. Con l'autista ferito ed il passeggero non abbastanza pronto da evitare l'impatto, l'epilogo fu inevitabile. La jeep si schiantò contro le altre due, distruggendosi. Jason aveva vinto la battaglia automobilistica, pur avendo rischiato il tutto per tutto. Si fermo girando la macchina parallela alla discesa e all'incidente un attimo, per guardare il risultato del tamponamento, ma all'improvviso si ricordò di non aver eliminato tutte le minaccie grazie ad un proiettile che lo colpi alla fiancata. Dalla cunetta apparve un altra macchina, quella dove aveva colpito il guidatore, ma non il passeggero. Si era dimenticato che questa aveva solo svoltato docilmente anziche schiantarsi da qualche parte, ed ora il passeggero si era disfatto del guidatore ed era tornato all'attacco. Jason cercò di partire, ma il colpo lo aveva distrattoe la macchina gli si era spenta, per cui si alzò di scatto e sparò all'uomo che stava scendendo la discesa. Il sorvegliante usò il suo stesso trucco, abbassandosi tra i sedili ed arrestando il veicolo nella stessa maniera che aveva fatto Jason, alzandosi di sorpresa sparando. Jason evitò i colpi buttandosi letteralmente fuori dalla vettura, usandola come riparo di fortuna prima di alzarsi anche lui ricambiando i colpi. L'altro uomo lo imitò ancora, scendendo dalla macchina ed usandola come copertura, aspettando prima di alzarsi anche lui e rispondere al fuoco. Jason si tuffò ancora, sdraiandosi per terra, con un ultima idea che l'imitatore non avrebbe fatto in tempo ad imitare. Mirando da sotto alla macchina, Jason sparò ai piedi dell'altro uomo, facendolo cadere a terra. Un ultimo colpo fu sufficiente a toglierlo di mezzo una volta per tutte. Dopo aver eliminato anche questa minaccia, Jason si rimise in macchina, ripartendo ancora verso Nord, verso il nuovo scavo di Von Croy. L'elevata ostilità dei sorveglianti non lo faceva ben sperare: per quanto ci vogliano delle persone dure e non troppo amichevoli per sorvegliare dei lavori difficili come degli scavi, il fatto che questi fossero armati e dal grilletto facile era un po' troppo oltre lo zelo professionale. Al nuovo scavo si sarebbe ritrovato altri sorveglianti dello stesso livello? O forse avrebbe trovato persone perfino peggiori? Non lo sapeva, anche se non poteva certo non tenerne conto visto che quello era il suo nuovo obbiettivo. Ma sapeva pure che Von Croy doveva trovarsi la, per cui non si sarebbe fermato fin quando non lo avrebbe visto faccia a faccia e non gli avesse finalmente rivelato tutto quello che voleva sapere. Una prima risposta, comunque, la ottenne in fretta. Giunto su quello che doveva essere il luogo degli scavi, trovò un accampamento come quello dell'altro sito, ma in rovina. Le tende erano state abbattute, e le poche che ancora restavano, erano logore. L'accampamento era molto più piccolo dell'altro, segno che Von Croy aveva assunto molti meno lavoratori. E molte meno persone da far sparire. Jason fermò la macchina prima di addentrarsi nell'accampamento, preferendo proseguire a piedi per non destare l'attenzione di chiunque ci fosse ancora a guardia dello scavo, avvicinandosi ad esso di soppiatto. C'erano ancora poche tende utilizzabili, quasi tutte sul finire del campo e accerchiate da alcune Jeep, ma non cera nessuno a guardia di queste. Arrivato all'altro capo del campo, scorpi come mai uno scavo più piccolo avesse bisogno degli stessi finanziamenti di uno molto più grande: lo scavo si trovava in un canyon di roccia! I lavoratori inviati avevano dovuto sfidare il deserto, scavando via la sabbia dalle rovine poste all'interno di un canyon di roccia. No, non un canyon. Le rocce sembravano essere state posate dall'uomo e poi erose dalla sabbia e dal vento. Da lontano poteva sembrare che fosse roccia scavata, ma avvicinandosi, si poteva intravedere ancora la linea di separazione tra un blocco ed un altro, e come lo scavo fosse squadrato, un tempo. Una specie di piramide al contrario, per un defunto molto diverso dagli altri, a quanto sembra. Jason non si perse comunque in questi dettagli, spiando oltre al bordo della struttura. Il fondo non era a punta, era una piccola spianata quadrata, a cui si accedeva scendendo da tre dei quattro lati. Il quarto, quello rivolto sempre a nord, non arrivava fino al fondo della spianata, ma si arrestava prima, scendendo poi perpendicolare al terreno anziche in obliquo, creando un muro da cui era stato ricavato un ingresso. Doveva essere stato sigillato, per non essere completamente ostruito da sabbia. Frammenti di roccia annerita sul fondo della cava davano l'impressione che l'ingresso fosse stato fatto saltare. Von Croy doveva trovarsi li dentro, impegnato nella ricerca di chissa quale tesoro. Jason scese lungo un lato, ritrovandosi davanti all'ingresso di quella tomba. La porta dava su un corridoio leggermente più largo della porta stessa in discesa, illuminato da torce e fiaccole appese alla parete di recente, come recenti erano i detriti anneriti sul pavimento. Von Croy doveva aver fatto saltare veramente l'ingresso: c'era ancora puzza di esplosivo, nell'aria, anche se la detonazione doveva essere avvenuta da qualche giorno. All'interno del tunnel, si sentiva solo in lontananza qualche rumore di lavoro, come di picconate. Forse non si erano ancora sbarazzati dei lavoratori, non tutti, almeno. Jason percorse il corridoio, cautamente e con la pistola in mano, addentrandosi nella tomba perduta. Sulle pareti si vedevano ancora dei geroglifici sbiaditi dal tempo, ma non sapendoli leggere Jason non gli dette importanza, continuando solo a scendere il corridoio. I rumori cominciavano a farsi più forti, segno che si stava avvicinando. Erano per lo più picconate sulla roccia, del rumore, più di una, segno che qualcuno si stava dando da fare. Ci volle ancora qualche metro per entrare in una grande stanza quadrata, piena di iscrizioni antiche ed una porta scavata nella roccia all'altro capo della stanza. E di quattro lavoratori incatenati. Più che lavoratori, si direbbe schiavi, visto come dovevano lavorare, incatenati a coppie, scavando la parete per estrarre alcune gemme incastonate nei graffiti o per rivelare dei passaggi sbloccati solo a metà. Appena entrò nella stanza, questi si girarono a guardarlo, stupendosi di vedere quel personaggio diverso dai loro carcerieri abituali. Jason fece segno di fare silenzio e di continuare a scavare, ma qualcuno doveva essersi già accorto che i minatori avevano smesso di scavare. Jason andò a nascondersi accanto alla porta, mentre nella stanza entrava una guardia. Era un sorvegliante come quelli dell'altro scavo a giudicare dall'abbigliamento, ma oltre alla frusta e alla pistola questo portava anche una bandoliera al petto. Il sorvegliante era contrariato con i lavoratori per aver smesso di picconare ed aveva già in mano la frusta, ma prima di poterla usare sentì un acuto dolore alla nuca che lo mise ko. Jason lo aveva steso alle spalle col calcio della pistola. Un'altra guardia notò che alcuni lavoratori avevano smesso di picconare. Notò anche che mancava un suo collega, e questo lo mise in allarme, facendogli prendere la pirtola anzichè la frusta, entrando anche lui nella stanza. Questa era più circospetta, ed entrò puntando la pistola da una parte, vedendo i lavoratori impauriti correre all'altro angolo della stanza, ma anche il suo collega svenuto. Si avvicinò a questo, ma quindi si rese conto che chi lo aveva steso, a questo punto poteva trovarsi alle sue spalle. Si girò, giusto in tempo per vedere cinque dita chiuse a pugno colpirlo in pieno viso. Jason sbirciò nella camera attigua a quella in cui stava, cercando altre guardie, scoprendo una nuova stanza del tutto uguale a quella appena esplorata, anche per l'occupazione da parte di altre due coppie di schiavi incatenati. Questi lo guardavano ora pieni di speranza, chiedendo probabilmente la libertà, anche se lui non conosceva la loro lingua. Jason fece di nuovo segno di tacere, ma vedendo i loro sguardi imploranti si mosse a compassione e cercò la chiave sulle due guardie svenute, ma non riuscì a trovarne, segno che dovevano esserci altre guardie più avanti. Almeno una c'era, quella con le chiavi. Jason si vide costretto a lasciare a loro stessi i minatori, per il momento, visto l'impossibilità a liberarli. Passò alla seconda stanza, che differiva dalla prima solo per i graffiti diversi. Arrivato all'estremità di questa, spio dalla porta, notando un nuovo corridoio largo quasi quanto le stanze. L'uomo iniziò a percorrerlo, discendendo sempre più in quella struttura segreta, sempre illuminata alla luce di torce appese da poco. Percorrendolo, si imbattè di nuovo in dei lavoratori, sempre incatenati e indaffarati a scavare la roccia. Anche questa volta, i minatori si fermarono nel vederlo, attirando l'attenzione delle guardie, ma a differenza delle due camere superiori, stavolta non aveva dove nascondersi, per cui l'uomo spianò solamente la pistola davanti a se, innescando le urla terrorizzate dei lavoratori. Una guardia risalì di corsa il corridoio, per vedere cosa stava succedendo, e non appena entrò nel raggio visivo delle torce, Jason le sparò di colpo, freddandola all'istante. Lo sparo riecheggio nelle gallerie, allertando altre guardie, che iniziarono a risalire in fretta il corridoio all'unisono. I loro passi risuonavano sul pavimento in pietra, facendo distinguere all'uomo almeno tre differenti sorgenti del rumore, quindi almeno altre tre guardie. Jason cercò di piazzarsi dove la luce era minore, aspettando di riuscir a distinguere le guardie dall'ombra delle torce. Una era davanti alle altre, arrivando per prima, ma l'uomo anzichè spararle si abbassò soltanto, appiattendosi al muro cercando di non farsi vedere, aspettando la comparsa delle altre figure. Il primo sembrò fermarsi, ad un certo punto, guardando nella sua direzione... Lo aveva visto? Sembrava di si, dato che stava prendendo l'arma dalla fondina. Jason anticipò, sparando col fucile a pompa, preso dalle guardie il giorno prima al grattacielo Von Croy. Lo aveva portato con se per aver maggior potenza di fuoco, quella che gli serviva in quel momento. Le cartucce calibro dodici erano riempite con nove pallini doppio zero anziche con un colpo singolo, spargendosi al momento del fuoco coprivano una buona rosa d'azione anziche colpire un singolo bersaglio. In compenso, il fucile era lento a caricare, per cui Jason lo buttò a terra subito, lanciandosi di lato per evitare un eventuale risposta, sfoderando invece la sua pistola e facendo fuoco sui sopravvissuti. Almeno una guardia era stata investita dalla rosa di pallini, cadendo sul posto, mentre un altra sembrava aver accusato non in modo letale. L'ultima pareva illesa, ma come paralizzata dall'evento, cosi che l'uomo riusci ad abbattere ambedue le figure in piedi prima che potesserò sparargli. Jason si fece avanti, dopo la sparatoria, perquisendo le tre guardie appena cadute, ma ancora non trovò la chiave. Andò allora dalla prima, quella caduta in precedenza, e finalmente trovò le chiavi delle catene. L'uomo le lanciò semplicemente al primo prigioniero che vide, dandogli quindi la responsabilità di liberare se stesso e gli altri schiavi, mentre lui proseguiva per il corridoio, puntando il fucile a pompa, raccolto e ripreparato a sparare. L'uomo giunse sul fondo del corridoio, ma qui lo attendeva una sgradita sorpresa. Curandosi di guardare avanti a se anzichè a dove mettava i piedi, quasi cadde in una trappola già fatta scattare. Si accorse di aver messu un piede in fallo solo all'ultimo secondo, cercando di aiutarsi con le braccia a rimanere in ecquilibrio. Riuscì a cadere restando dentro il bordo della trappola, per fortuna, senza caderci dentro. Una buca, una classica buca con spuntoni sul fondo. Ed ora anche due cadaveri freschi. Sembravano lavoratori... Vittime sacrificali a cui far scoprire le trappole mentre i sorveglianti passavano incolumi. A Jason il pensiero dava il voltastomaco. Guardando in attorno, notò che la trappola occupava la sezione centrale del corridoio, lasciando solo due stretti passaggi ai lati. Più avanti, un camminatoio di passaggio libero e una trappola già scattata diametricalmente opposta, ovvero che si apriva su entrabi i lati e si chiudeva con uno stretto passaggio sul mezzo. Jason superò di lato la prima e si portò sulla seconda, superando anche questa e trovandosi davanti la prima trappola ripetuta, anche questa già aperta grazie ad una vittima da sacrificare. Dopo di essa, ancora la seconda trappola, ma dopo questa i sorveglianti sembravano aver finalmente cessato di usare cavie umane per individuarle, visto che sembravano ripetersi sempre nello stesso ordine. Per esserne sicuro, Jason provò con la dovuta attenzione a farne scattare una. La mattonella su cui pestò controllatamente il piede inizio a rompersi, segno che sarebbe bastato il peso di un uomo non troppo grosso per spezzarla. Jason cominciò quindi ad avitare cosi le trappole camminando prima ai lati e poi nel mezzo del corridoio, cosi fino al fondo, che si apriva in un grande portone in pietra lavorato, riproducente due persone in veste da Egiziana come colonne laterali che reggevano al di sopra delle loro teste un grande sarcofago, che fungeva da volta dell'ingresso. Le due colonne a forma umana erano una un'uomo dalla testa di falco, l'altra una donna dal viso umano, ma che reggeva un trono in testa. Non conoscendo molto l'iconografia Egizia, Jason non sapeva che rappresentassero le due figure, cosi come non sapeva cosa rappresentasse il sarcofago. Le fissò per qualche istante, prima di guardare oltre, verso il nuovo antro. Se di antro si può parlare. Davanti a se, Jason vide una costruzione impressionante: un ponte di pietra con dei piloni ai lati che sorreggevano delle torce ad illuminarlo, retto sopra un fiume di metallo accuminato, una marea di lance poste a perdità d'occhio per tutta l'enorme grotta piena di stallattiti, che pendevano come tante spade di damocle sul soffitto della caverna. Alla fine del ponte, immensa, veniva illuminata da un'apertura scavata sapientemente nella roccia, una vera e propria piramide Egizia. Tutto il percorso verso il basso che aveva affrontato andava a cuminare in quella stanza, un enorme caverna sotterranea dove aveno costruito sorretta su massi di pietra una enorme piramide, la tomba di Osiride, illuminata da un profondo intaglio in una parete di roccia molto spessa, probabilmente che dava su una scogliera o comunque su un crepaccio di raguardevoli dimensioni. La parete di roccia era stata scalpellata in un modo che aveva quasi del miracoloso, dato che la luce filtrava in un raggio preciso che illuminava la piramide sola, con una precisione inimmaginabile. Quanta fatica dovevano aver patito gli schiavi del faraone per costruire una cosa del genere, nelle profondità della terra? L'intera opera era straordinaria a vedersi, anche per un profano come Jason, che ammirava stupito la meraviglia di quel complesso. Ma il suo stupore, fu presto destato... Improvvisamente, la terra iniziò a tremare... Una scossa tremenda, che lo fece inginocchiare per mantenere l'ecquilibrio, seguita da altre scosse di minore intensità. L'uomo guardò verso la piramide, vedendola tremare. La piramide tremava in maniera pericolosa, più furiosamente di quanto le scosse avrebbero dovuto farla ballare. Sembrava come se fosse successo qualcosa di grave, qualcosa di molto grave. All'improvviso, la piramide sembrò avere un crollo, sulla sezione che dava verso il ponte. E da questa, sembrò uscirne qualcosa... Sembrava una persona... Sì, era una persona... Una persona sola, che stava saltando dalla piramide al ponte, atterando su questo. Ma non fu la sola a cadere sul ponte. Le scosse avevano iniziato a far staccare delle stallattiti dall'alto della grotta. Queste cadevano sul ponte, che non sembrava essere fatto per tali pesi. Alcuni massi che componevano il ponte iniziarono a creparsi e a rompersi, formando un buco mortale verso le lance accuminate. La piramide dietro alla persona iniziò a cedere, i massi che la componevano iniziavano a staccarsi e a scomporsi, facendola cadere a pezzi. Ma quello che più interessava Jason in quel disastro, era la persona fuoriuscita dalla piramide. Non era Egiziana, ne apparteneva ai tempi del mito. Sembrava molto più moderna. Jason iniziò a correre sul ponte, verso di essa, mentre questa correva il più velocemente possibile verso nella sua direzione, anche se probabilmente non lo aveva ancora notato intenta com'era a schivare i buchi formatisi e le stallattiti che continuavano a cadere. L'uomo ebbe l'impressione di venir visto sollo all'ultimo, quando ormai stavano per incontrarsi. Ora distingueva molto bene la figura femminile della persona. Un masso più grosso degli altri cadde sul ponte, aprendo un vero e proprio crepaccio tra lui e l'altra persona. Questa tentò il salto. Jason riuscì a riconoscerla "LARA!" Urlo, ma forse neanche lei poteva compiere un salto simile...
|