FORUM DI UNIVERSO TOMB RAIDER

DIARIO DI ANAYA IMANU, ( Compagna di studi di Lara, Amanda e Ridel)

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view post Posted on 5/11/2006, 10:18
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DIARIO DI ANAYA IMANU scritto interamente dall'interprete del personaggio.
AUTRICE : Larangie


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Edited by V.Raider - 23/11/2006, 15:09
 
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Anaya
view post Posted on 14/11/2006, 22:23




Che dire?! Larangie è bravissima, simpaticissima, bellissima, la migliore!!

Piccolo particolare: Larangie sarei io XDDD uahahahahha

Ok dai adesso basta fare la stupidina come piace tanto a te ed inizio a darmi da fare XD

PRIMO CAPITOLEEEEEEEEN

Cap.1



La vita è composta da una successione di attimi, sta a noi cogliere quelli giusti. Alcuni ci riescono, altri no. Io spero di esserci riuscita, almeno in parte. Come si dice? Carpe Diem. Cogli l’attimo fuggente. E’ così che si fa nella vita, no? O perlomeno è così che ho fatto io.



Nella mia vita ho colto molti attimi. Divertenti, tristi, felici, pazzi, incoscienti, spericolati, avventati, desiderati, sbagliati, giusti; ognuno di essi, comunque, indimenticabile.



Mi chiamo Anaya, ho 28 anni e vivo in un appartamento con vista sul mare nel distretto di Copacabana, a Rio de Janeiro, in Brasile.



Sono un ingegnere civile, precisamente lavoro nel settore edile (ovvero progettazione e costruzione di edifici od opere d’arte), sono un’appassionata di storia dell’arte, architettura e adoro imparare le lingue straniere. Infatti parlo bene diverse lingue, oltre al portoghese che si parla in Brasile: spagnolo, italiano, inglese e tedesco; inoltre ho studiato le lingue antiche come il latino e il greco antico.



Ritornando indietro con la mente a tutti gli avvenimenti che sono accaduti nella mia vita fino ad oggi, mi rendo conto che ci sono davvero molte cose da raccontare…. Beh, che ne dite, siete pronti?



State per entrare nel mondo di Anaya Imanu, tenevi forte…perché ora si parte!



 
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Anaya
view post Posted on 16/11/2006, 19:25




Cap2.



Sono nata il 4 Novembre del 1978, figlia di Diego e Marìa Imanu. Ho rotto le scatole a mia madre proprio di notte, alle 2 e 50! Marìa, la mia povera mammina, avrà intuito già da lì che sarei stata una bambina che le avrebbe dato filo da torcere in quanto a caratterino pepato!! ;)

Sono nata sotto il segno dello Scorpione, ascendente Cancro; un carattere forte, deciso, intraprendente, non ho paura di niente e nessuno e sono una ragazza sicura di sé stessa, estroversa, con un forte senso dell’ironia, che a volte sfocia in pungenti battute sarcastiche dirette alle persone che più mi fanno innervosire, ho una speciale capacità di leggere fra le righe dei comportamenti della gente e capire il tasto dolente di una persona con una battuta se questa mi irrita particolarmente. E Boaz ne sa qualcosa! ;)

Sono un’idealista; ed estremamente sincera, dico sempre quello che penso, e a volte, anche se non lo faccio apposta, rischio di ferire la sensibilità di qualcuno… purtroppo per me, non sono mai stata capace di fare buon viso a cattivo gioco o essere ipocrita, cosa che spesso mi avrebbe aiutata a farmi amiche persone come i professori, ad esempio ;) Sono sincera ai limiti della mancanza di diplomazia, e molto orgogliosa; questi due credo siano i miei difetti più grandi.

Ho una particolare tendenza all’essere spericolata e combinarne di tutti i colori XD non sono affatto quella che si dice la “classica ragazza tranquilla”… anzi, tutto al contrario!

Sono molto istintiva, calorosa e passionale, come dice il mio Oroscopo di oggi, secondo cui lo Scorpione è il segno più sensuale dello zodiaco ;)

Il mio carattere è sempre stato molto forte e peperino fin da quando ero piccolina; sono sempre stata un maschiaccio, mentre le altre bambine giocavano con le Barbie io mi divertivo a lavare con le pistole ad acqua i miei amichetti o giocare con le macchinine! Quando mia madre veniva a prendermi all’asilo, vedeva uscire tutte le bambine con i loro vestitini rosa e i loro impeccabili fiocchetti di raso applicati al cerchiello; e per ultima c’ero io, con i pantaloncini bucati sul ginocchio o sporchi di terra, i capelli scarmigliati e ogni volta una nuova botta nera da qualche parte a forza di intrattenermi alla fine a fare la lotta o giocare alla guerra con i maschietti più grandi di me!Mamma ce la metteva davvero tutta a cercare di vestirmi come una bambina elegante e farmi mettere la testa a posto, ma con me non c’era verso: volevo a tutti costi scegliermi i vestiti da sola, e ciò che sceglievo erano immancabilmente jeans comodi e magliette sportive. E guai a volermi infilare una gonnellina o un paio di ballerine!! Mi dimenavo come un’ossessa finchè non riuscivo ad avere la meglio sui mie poveri genitori e poter indossare qualcosa di sportivo e comodo per giocare in libertà con i miei amichetti!…Ma il compagno di giochi in assoluto più fidato della mia infanzia fu il mio cane, un pastore tedesco di nome Lothar, un nome che deriva dal tedesco “valoroso in battaglia” scelto in base al suo temperamento coraggioso e vivace, e che gli calzava decisamente a pennello: fra me e lui davvero non si riusciva a decidere chi fosse il più vivace e pieno di energie!



Cap.3



Una volta finito l’asilo, a marzo del 1985 (in Brasile si va a scuola da marzo a dicembre, perché i mesi più caldi sono gennaio, febbraio e marzo; le vacanze invernali le facciamo a luglio) ho iniziato le scuole elementari. Non sono mai stata amante dello studio, ma ero una bambina intelligente e sveglia e a scuola riuscivo ad ottenere ottimi voti con il minimo sforzo.



Fin da piccola sono sempre stata un alunna un po’ discola a scuola… tanto che la mia prima nota sul diario me la sono beccata alla tenera età di 6 anni, in prima elementare!



Ho sempre avuto una passione artistica nel disegnare le caricature alla gente, e secondo voi il preside della mia scuola poteva forse esserne risparmiato?! CERTO CHE NO!!



Dovete sapere che il preside delle scuole elementari, il Señor Alfredo Rodriguez, era un tipo altissimo e secco, ma sul serio secco! Gli altri bambini quando parlavano fra di loro lo canzonavano chiamandolo Baccalà, ma io ho sempre avuto un occhio di rispetto e per me lui è sempre stato Alfredo Il Secco. Punto.



E poteva forse il buon vecchio Alfredo Il Secco non essere omaggiato di una bella e divertente caricatura by me? Ovviamente no.



Un bel giorno, durante i dieci minuti di ricreazione, io me ne sono rimasta in classe per poter dare libero sfogo al mio genio artistico, dilettandomi in una divertentissima caricatura del caro Alfredo Il Secco.



…non vi dico la reazione della mia maestra quando l’ha visto!! Mi ha scritto una nota sul diario che non finiva più e pretendeva che gliela riportassi il giorno dopo firmata da uno dei miei genitori!



Quel pomeriggio non ho fatto altro che pensare a come potevo risolvere la situazione durante tutto il tragitto per tornare a casa dalla scuola. Avevo solo 6 anni, immaginate che scaga avevo che i miei genitori potessero arrabbiarsi con me e magari darmi un bel castigo!



Ma io sono sempre stata una tipa dalle mille risorse, e ovviamente ho presto trovato una soluzione alla cosa. Mi sentivo un genio, grande Anayuzza, a te non te la fa mai nessuno, continua così!



…e indovinate un po’ qual è stata la geniale idea che la mia mente credeva di aver partorito?! La firma falsa, ovviamente!!



Peccato solo che l’avessi fatta in stampatello maiuscolo.

 
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larangie
view post Posted on 17/12/2006, 15:51






Cap.4



Le elementari finirono contornate da voti alti in quasi tutte le materie e qualche altro incidente di percorso, anche se nessun’altra nota presa alle elementari fu mai più memorabile di quella in prima!



L’anno era il 1989 e iniziai le scuole medie.



Già a 11 anni ero di almeno due teste più alta delle altre, tutti mi scambiavano per una di prima superiore, invece che di prima media! I ragazzi più grandi già iniziavano ad interessarsi a me e io ho sempre snobbato tutti quelli che avessero avuto meno di 2 o 3 anni più di me, li consideravo tutti troppo piccoli e immaturi! E non si può non dire che non avessi ragione.



All’inizio però devo dire che i primi anni ancora non facevo poi grandi conquiste in campo sentimentale. Sono sempre stata un maschiaccio fin dall’asilo, nella mia compagnia sono entrate e uscite sempre persone diverse ma sempre comunque ragazzi, e anche i miei interessi e il mio modo di vestire non erano esattamente quello che si dice da “classica ragazzina bon ton”!! E la maggior parte dei ragazzi, almeno nei primi tempi della mia adolescenza, sembravano prediligere le ragazze più eleganti e ammodino.



In prima media ho iniziato a uscire con il gruppo di amici di mio cugino Lucas (che tra l’altro era pure il mio vicino di casa, siamo praticamente cresciuti assieme!): a 11 anni uscivo la sera con ragazzi tra i 16 e i 17 anni!!



Ovviamente, ragazzi di quell’età non bevono certo il succo di frutta, quando escono il sabato sera…. E secondo voi potevo io, casinista e pazzerella già a quell’età, essere forse da meno?!

Certo che no.






Cap.5

Quella serata è andata così.



Come sempre alle 8 e mezza Lucas ha suonato al campanello di casa mia e io sono scesa per uscire. Mi ha fatto salire dietro al suo scooter e con tutta la compagnia siamo partiti ad uno dei tanti cafés della movida brasiliana.



Me lo ricordo ancora.



Era l’Irish Pub, a non più di un quarto d’ora da casa mia.



Sono scesa dallo scooter e sono entrata nel pub assieme agli altri. Eravamo in sei: io, Lucas, Carlos, Enrique, Julio e Félipe. Ognuno ha ordinato una birra grande, io ne ho presa una piccola. Quella sera non avevo molti soldi e mi dovevo accontentare.



Carlos squadra la mia birra piccola: “Ma come Anayetta, una birra piccola ti sei presa?”



Io ho guardato la mia birra, poi ho alzato gli occhi e ho guardato Carlos. “Non ho soldi stasera mi dovrò accontentare…” ho risposto mettendo un finto broncio.



Lucas piega il viso di lato per guardarmi meglio e mi allunga una banconota da 50 real. “Ehi piccola, di che ti preoccupi? Offriamo noi!” esclama con un sorrisone. Lucas aveva 17 anni all’epoca, aveva smesso di andare a scuola e lavorava come barista in un hotel della costa di Rio De Janeiro. Quelli erano soldi che si era guadagnato da solo, ed era felice di poterne usare un po’ per far contenta la sua cuginetta preferita, ovvero, io! Lucas chiama con un fischio la cameriera.

“Altre 2 birre grandi per la nostra mascotte e una caiphriña per me, gracias!” esclama poi rivolto verso di lei. Io sorrido a lui un po’ impacciata, era la prima volta che mi azzardavo a bere più di una birretta piccola.



Arrivano le birre, le guardo sospettosa, poi prendo un bicchiere e mando giù. E ci prendo gusto. Mi piace il retrogusto un po’ amaro della birra, mi piace tenere in mano il boccale, mi piace buttare giù tutto d’un sorso, mi piace ridere con gli amici…



Uno, due, tre boccali di birra… birra birra birra… ma quanti boccali sono? Io ne vedo così tanti… ops, mi sta girando la testa… ehi ehi ma adesso mi spiegate perché questo fottutissimo pavimento gira?! Chi gliel’ha detto a lui di girare?? Non mi pare di avergli dato questo permesso. Ma mica stiamo a DisneyWorld?! Ascoltatemi bene, guardate che se non lo fate smettere io mi metto sul tavolo perché sul pavimento che gira non ci voglio stare. Eh va bene, ve la siete voluta, poi non ditemi che non vi avevo avvertiti!! Ahahaha che figata stare qua sopra, come siete piccolini, sono la più alta di tutti, siete tutti dei tappi!! Ehi, si può sapere che vuoi tu?! E non mi toccare!! No, non voglio scendere, voglio ballare, ti crea problemi?! Non posso essere una fottutissima cubista di 11 anni?!
 
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ILENIA_UTR
view post Posted on 8/1/2007, 00:11




Cap.6




Mmmm.



Mal di testa.



Domenica mattina. Mi sembra di aver preso una manganellata in testa. Martella, martella, martella, che male, mi pulsano le tempie. Allora sono questi i famosi “postumi da sbornia”? Cazzo se fa mi fa male la testa. E’ perché non sono abituata. Me l’ha detto Lucas. Lui sa sempre tutto, lo vedevo come una specie di tuttologo, in fondo avevo 11 anni.



La prima sbornia me la ricorderò per sempre. E’ stata la prima e l’ultima sbronza che mi sono presa con la compagnia di mio cugino. Mi hanno detto che se già sono vivacissima da sobria, da ubriaca sono letteralmente incontenibile. Un uragano in espansione!



Ho continuato a uscire con loro fino alla seconda media, poi loro ormai erano troppo grandicelli per me, avevano la macchina e stavano via fino alle 6 del mattino, io alle undici dovevo rincasare… ormai non eravamo più compatibili.



…Ma la vostra Anayuzza ai sabati sera in giro per i pub non ci rinuncia. Della serie: e fu così che si creò una nuova compagnia. Precisamente, a novembre della terza media, durante una gita scolastica, era il 1992. Abbiamo trascorso 3 giorni a Salvador Bahia, sempre in Brasile.



Quanto ci siamo divertiti in quella gita! Io ero in stanza con la mia migliore amica dell’epoca, Catarina Ramos, figlia di amici della mia famiglia. Eravamo amiche per la pelle dall’asilo.

Ad ogni modo, ogni sera chiamavamo un sacco di amici nella nostra stanza a guardare la tv con noi e a sgranocchiare patatine, cioccolata e schifezze di ogni genere e ascoltare il mio amato rock!!



Ovviamente di nascosto dai professori, furtivamente pian piano la nostra stanza si riempiva: alla fine al posto di due eravamo in sei o sette! E così si è formato il mio nuovo gruppo di amici, composto da, oltre a me e Catarina: Christian, Antônio, Ana Beatriz, Miguel e Leandro.



Le prime due sere è andato tutto bene, ci sentivamo dei grandi geni per non esserci mai fatti sgamare neppure una volta. Ma mai cantar vittoria troppo presto!



La terza sera stavamo guardando la tv e sgranocchiando patatine quando Christian mi ruba il pacchetto di patatine. “Ehi, ladro! Dammi il malloppo!!” esclamo io ridendo e saltandogli addosso. Christian cerca di fermarmi ma finiamo inevitabilmente giù dal letto, mentre io gli mordo le mani per cercare di riappropriarmi di ciò che è mio: “Ammazza Anaya ma che hai al posto dei denti, lame di rasoio?! Ahia!!” esclama Christian ridendo. “Catarina che fai lì impalata?! Buttati nella mischia!!” aggiungo io, rivolta verso Catarina mentre vengo schiacciata da Christian che riesce a riappropriarsi delle mie patatine.



Inutile dire quello che ormai avrete immaginato: nel giro di cinque minuti dalla zuffa mia e di Christian s’è formata una mischia incredibile di ragazzi urlanti e scalcianti.



Forse un po’ troppo urlanti e scalcianti.



Un battito di nocche sulla porta ci distrae dalla nostra cagnara.



“Catarina? Anaya? Si può sapere che state combinando?!”



La professoressa Hernandez!!!



Ci guardiamo in faccia con sguardo terrorizzato. Come sempre, il sangue freddo spetta a me e decido di tentare di sistemare la situazione.



“Eravamo sotto la doccia! Può attendere un attimo? Le apro subito!” esclamo spingendo via gli altri e intimando loro di nascondersi. Mi avvolgo in fretta e furia un asciugamano in testa come se fosse un turbante per asciugarsi i capelli e apro lievemente la porta.



“Signorina Hernandez? Mi scusi, io e Catarina litigavamo per avere il phon, sa, ne abbiamo uno solo… mi scusi, prometto che cercheremo di fare meno confusione” dico tutto d’un fiato sperando ardentemente che la professoressa Hernandez non voglia entrare a controllare.

“Sarà meglio, Imanu, o potrei aggiungere un’altra nota sul registro alla tua già ricca collezione” mi risponde acida la Hernandez con un perfido sorrisetto.



Io trattengo il respiro nell’attesa che la Hernandez se ne decida ad alzare i tacchi e andarsene… quando finalmente chiude la porta, mi lascio andare in un profondo sospiro di sollievo.



“Ehi, ragazzi, potete uscire adesso!!”



Non potevo trattenere le risate di fronte a quella scena. Ana Beatriz e Catarina s’erano nascoste sotto alla doccia, Christian e Antônio sotto ai letti, e Miguel e Leandro s’erano infilati dentro l’armadio!!



C’erano teste di ragazzi non ben identificati che sbucavano dappertutto come funghi. Peccato non avessi avuto una macchina fotografica con me al momento, sarebbe stato troppo divertente avere le foto dei miei amici come s’erano conciati!


Cap. 7


Il resto dell’anno l’ho trascorso sempre assieme a loro, eravamo inseparabili.



Finchè nel 1992 mio padre non ricevette una proposta di lavoro dall’azienda tessile dove lavoravano sia lui che Franco Imanu, mio zio (il padre di mio cugino Lucas): l’azienda aveva una filiale in Bolivia, a La Paz, dove mio padre sarebbe stato pagato meglio. Ovviamente, mio padre, Diego, non ebbe dubbi sul da farsi: prese un appartamento a La Paz e ci trasferimmo lì, seguiti dalla famiglia di mio cugino Lucas.



Per me non fu un bel periodo: dovetti salutare tutti i miei amici, soprattutto mi mise molta tristezza il dover separarmi dalla mia grande amica Catarina… ein più in quel periodo morì anche Lothar, il mio adorato cagnolino.



Approdai a La Paz con uno stato d’animo profondamente giù di morale. La nuova casa mi appariva fredda e anonima, abituata com’ero ai colori e alla vita di Rio De Janeiro.

Mi mancavano un sacco i miei amici, continuavo comunque a sentirmi via lettera con Catarina e le dicevo di salutarmi tutti e di tenermi informata sulle ultime news del gruppo.



Nei primi tempi mi sentivo piuttosto sola e a casa mi annoiavo, così decisi di iniziare a fare un po’ di sport. Dai 6 ai 9 anni ho fatto nuoto nella piscina più vicina a casa mia nel distretto di Campo Grande. Ero diventata una delle più brave, ma poi la piscina è stata chiusa e l’altra più vicina a Campo Grande era troppo lontana da casa mia, per i miei genitori era troppo impegnativo portarmi avanti e indietro e così decisi di cambiare sport. A 10 anni mi sono iscritta al corso di pallavolo, giocando come attaccante. Catarina e Ana Beatriz giocavano nella mia stessa squadra, in serie D. Mi piaceva molto la pallavolo, ma poi, dovendomi trasferire in Bolivia, ho dovuto lasciare la squadra. E, una volta arrivata a La Paz, decisi di ricominciare da zero con uno sport deciso, duro, impegnativo, faticoso…da ragazza tosta quale sono. Ovvero, la kick boxing.



Il primo giorno del corso, mi infilo un paio di pantaloni comodi da fitness neri, una canottiera bianca e un paio di scarpe da ginnastica con la mia immancabile bandana rossa, ed arrivo con un’ora di anticipo. Entro a passo deciso nella palestra, tenendo a tracolla un borsone sportivo con il mio cambio di vestiti e uno stereo. Appoggio lo stereo alla panchina per fare i piegamenti, attacco la spina alla presa del muro e metto su una cassetta degli AC/DC. La stanza era completamente vuota, sotto alle note di Highway To Hell che mi danno la carica inizio a tirare pugni al punching ball nero lì vicino, giusto per scaldarmi un po’.



Destro, sinistro, dritto, destro, rovescio, sinistro.



Inizio a prenderci gusto, mi fa sfogare, mi piace. Gli AC/DC sono dei grandi. Che mito Angus Young.



“Highway To Hell, se non sbaglio?”



Una voce femminile mi coglie di sorpresa. Mi volto stupita, cercando di individuare con gli occhi la fonte di quella frase. E la trovo. Una ragazza un poco più bassa di me, con i capelli corti neri dal taglio punk, corti in parte e sparati col gel in testa, un paio di grossi orecchini pendenti azzurri, un top azzurro e un paio di pantaloni comodi neri come i miei. Ha un fisico esile, poco seno, fianchi stretti, le labbra carnose, il naso piccolo, la carnagione abbronzata. Un piercing nella parte alta dell’orecchio sinistro, gli occhi truccati con la matita nera e il mascara. E’ appoggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate e un’aria amichevole nello sguardo. Sembra abbia voglia di fare amicizia. Decido di accogliere il suo sguardo con un sorriso altrettanto amichevole da parte mia.



“Album del 1979, Highway To Hell, esatto.” Rispondo io sfilandomi un guantone. Poi rialzo gli occhi verso di lei con un sorriso. “Mi chiamo Anaya.” Aggiungo, porgendole una mano.



“Heliza Rubio.” Fa lei stringendomela. Poi tira fuori i suoi guantoni dalla sua borsa. Se li infila, guardandomi con un sorriso sornione. “Ti va di fare un piccolo incontro?” mi propone poi.



“Sinceramente questo è il mio primo giorno…” commento io guardandola, un po' di incertezza nella voce.



Heliza mi da’ un’occhiata con lo sguardo di chi la sa lunga, poi mi da’ una pacca sulla spalla col guantone.

“A giudicare dai pugni che ti ho visto dare prima a quel povero punching ball, non mi sembri poi così indifesa… allora ti va o no? Ultima chance”



Io mi guardo i guantoni, poi batto fra di loro le nocche sorridendo ad Heliza.



“Fatta! Fammi vedere di cosa sei capace. Ti prometto che avrai filo da torcere!” le rispondo decisa e sicura di me come sono sempre stata, lanciandole uno sguardo di sfida.



....Ho notato da subito che aveva qualcosa di speciale. La mia stessa grinta, la mia stessa sicurezza... sì, quella ragazza mi piaceva decisamente un sacco.




Cap.8


Ben presto io ed Heliza siamo diventate amiche per la pelle. Ci siamo anche ritrovate in classe assieme, al liceo linguistico, ed eravamo sempre vicine di banco, per la disperazione di quei poveri disgraziati dei nostri professori!



Al liceo, oltre allo spagnolo (lingua principale in Bolivia) e l’inglese, che già studiavo dalle medie, studiavo anche il tedesco e il latino. Seguivo inoltre un corso aggiuntivo per imparare il greco antico ogni giovedì pomeriggio. In più, conoscevo già il portoghese, perché era la lingua che si parlava in Brasile, mio Paese d’origine.



In classe avevo fatto amicizia più o meno con tutti, ma soprattutto, oltre che con Heliza, con Francisca Vázquez, Julia Navarro, Valéria Sanz e Gisela Diez. Eravamo un bel gruppo. Ne combinavamo di tutti i colori assieme!



Il sabato sera uscivamo tutte assieme, con un gruppo di amici di Heliza più grandi di noi, tra i 18 e i 20 anni: Marcos, Emanuel, Maurício, Thomas e Roberto (il ragazzo di Heliza). Eravamo un bel gruppo affiatato, ma ne mancava ancora uno: un certo Nicola, detto Il Biondo per il colore dei suoi capelli, di certo molto rari da trovare in un gruppo di ragazzi sudamericani. Parlavano sempre di questo Nicola. Mi avevano detto che era in Italia al momento, e sarebbe tornato ai primi di novembre. Perfetto, dico io, così può venire al mio compleanno e posso finalmente conoscere questo tanto famoso personaggio. Chissà poi che avrà di così speciale. Mah!



Mi raccontavano spesso di lui. Mi dicevano che ascoltava anche lui hard rock come me, che aveva un sacco di ragazze che gli sbavavano dietro sia qui che in Italia, dov’era nato. Sua madre è italiana, precisamente di Milano, mentre suo padre è Boliviano. E’ dalla madre che ha ereditato gli occhi azzurri e i capelli biondi. Mi raccontavano di Nicola che partecipava alle gare di moto clandestine ad Alto Lima, il quartiere più malfamato della città, e che vinceva sempre. Mi dicevano che era coraggioso, che aveva sempre una battuta a portata di mano… non era difficile capire chi fosse il leader della compagnia, sentendo le loro parole.



Questo Nicola mi incuriosiva. Avevo voglia di conoscerlo. L’occasione per farlo mi si presentò di lì a poche settimane. Il 4 Novembre compivo 14 anni e avevo deciso di andare a mangiare una pizza con gli amici per festeggiare il compleanno. E sarebbe venuto anche Nicola.



Ecco, eccoti tornare ancora dentro di me, prepotentemente, senza chiedere permesso. Il ricordo del nostro primo incontro, a quella festa. La mia festa, tra l’altro. Avevo portato tutti a mangiarsi una pizza in centro, c’erano tutti i miei amici, e soprattutto c’era Heliza. La mia migliore amica. Heliza. Vestita con quella maglia azzurra cielo, una gonna nera con uno spacco audace, un paio di stivali col tacco dello stesso colore, dalla linea netta e sicura, quasi spavalda. Due orecchini chandelier azzurri appesi alle sue orecchie a punta, il viso incorniciato da dei capelli corti corvini dal taglio ribelle e spettinato pieni di gel, con un ciuffo di capelli in parte alla fronte che le coprivano uno dei suoi occhioni. Piccola pantera. Dolce gattina. Tenera e ribelle, proprio come me.



Io ero estasiata al centro della tavolata, al calore di quel gruppo di amici che mi sorridevano e mi riempivano di regali, stretta e al sicuro nell’affetto di tutte quelle persone, riunite accanto a me per festeggiare il mio quattordicesimo compleanno.



Non c’erano solo loro quella sera. “Su dai, usciamo a divertirci un po’, che ne dite se chiamo i miei amici? Con loro facciamo un casino bestiale, massì dai, adesso faccio un colpo di telefono al Biondo; così te lo faccio conoscere, Anayuzza!”. La voce di Heliza, forte e sicura, si aggiunge alle altre, sovrastandole.

“Fatta! Tutti fuori a fare macello ragazzi! Yu-uuuuuuuuuh!”



Sono felicissima, emozionata, eccitata, ho voglia di vivere e divertirmi, quella è la mia sera. Il Biondo. Ho sentito così spesso parlare di lui. Heliza soprattutto, mi faceva una testa così con questo Biondo, me ne parlava sempre, mi raccontava di quell’estate trascorsa con lui, tutte le cazzate che avevano combinato, la sua sbandata passata per lui, i litigi, il casino che facevano insieme. La sorella odiosa, il padre impegnato in politica, la passione per il calcio, le sue storie d’amore passate, la sua antica cotta per la cugina di Heliza, María Estela, tutto. Sapevo tutto di lui ancor prima di conoscerlo.



“Vedrai, ti piacerà” mi sussurra Heliza all’orecchio imboccando il corridoio per le scale verso l’uscita della pizzeria. Oh, non avrei mai immaginato che potesse essere così vera quella frase.



Ad un tratto mi fermo. Un gruppo di ragazzi sui 18 anni ci sta raggiungendo lungo le scale. Sono tre. Uno è alto, con i capelli corti, castani, a spazzola, le labbra carnose e un naso importante. Ha una felpa nera con la zip e un paio di jeans. Lo riconosco, è Roberto, il ragazzo di Heliza: è arrivato finalmente, aveva appena finito il suo turno di lavoro. Un altro è il più basso del trio, con la carnagione abbronzata, due grandi occhi neri. Ha una camicia elegante bianca e dei pantaloni di velluto. L’avevo quasi scambiato per un cameriere. Non so il suo nome, ma sento che tutti lo chiamano Costantino. Mi riprometto di farmi spiegare un giorno il perché di quel soprannome. Costantino s’è trascinato dietro una ragazza dai capelli rossi che non ho mai visto prima. Non sembra boliviana. Boh. Al momento non mi interessa, sono troppo intenta a squadrare i nuovi arrivati.

Il terzo è il più alto di tutti, all’inizio il mio sguardo è attirato da lui, quella faccia la conosco già, si chiama Thomas. Cresta di capelli ingellati e piercing al sopracciglio. E poi c’è lui. Eccolo, è il Biondo. Lo riconosco a prima vista. Capelli lunghi, biondi e lisci, con due ciuffi sulla fronte, nascondono due penetranti occhi azzurro ghiaccio. Una bella camicia nera con dei ricami barocchi, un paio di jeans strappati sulle ginocchia con un geniale colpo di forbici del sarto, delle scarpe nere, semplici, non troppo eleganti, ma neppure sportive. È perfetto nella sua accurata scelta dei vestiti per l’occasione. Bello in tutti i suoi difetti, affascinante e complesso, odioso e adorabile allo stesso tempo. Misterioso e inconquistabile. Sembra freddo e inarrivabile avvolto da quella camicia nera, in realtà è fatto di passioni ed ire. Sofisticato e particolare con quell’orecchino che spunta da sotto i morbidi capelli biondi, vistoso o anonimo, io lo riconosco subito. Biondo. Nicola. E’ lui, me lo sento. Il mio cuore l’ha già riconosciuto. E l’ha già scelto. E’ lui.


Cap.9


Toc, toc, toc. Il rumore dei tacchi di Heliza sull’asfalto. Cammina felice con il sorriso rivolto al suo ragazzo, il tipo con la bocca carnosa e la felpa nera che avevo visto prima. È il migliore amico di Nicola. Si chiama Roberto e sembra un tipo tranquillo. Segue i passi veloci della sua Heliza e non partecipa molto al tripudio di risate e voglia di vivere che pazzeggia attorno a lui. Ad ogni modo, non ha colpito il mio sguardo. Sono troppo presa da questo nuovo ragazzo biondo, il famoso Nicola, tutto quello che mi è stato raccontato su di lui, mi sembra quasi una leggenda vivente. Sentirò mai le stesse storie dalla sua voce? Saremo mai amici? Chissà, chissà. Al momento non è che mi piaccia granchè, non fa altro che rubarmi l’ombrello proprio adesso che piove, dai ridammelo, così mi lavo tutta, mi sono appena rifatta il trucco in bagno, non farmi sprecare tutta ‘sta fatica. Scherzo e rido mentre l’acqua dal cielo non accenna a fermarsi. Lui mi fa i dispetti come un bambino. Ho rotto il ghiaccio, chiacchiero tranquillamente con lui e gli altri, gli sto simpatica, ho fatto una bella impressione. Forte la tua amica,Heliza! Si, diranno questo di me.

Un saluto e una presentazione per formalizzare la cosa, okay ora ci conosciamo ufficialmente, Nicola mi stringe la mano e mi da tre baci sulla guancia, non due ma tre, mi da l’impressione che con l’altra mano non mi stia stringendo la schiena ma qualcosa più giù, ma lascio perdere. Spavaldo il ragazzo. Anche troppo. Gli faccio una linguaccia tirandomi via e gli do un colpo sulla spalla giocando. Thomas nel frattempo porta in giro sulle spalle Heliza, mentre lei scalcia e urla che vuole scendere. Ma Thomas non accenna a mollare la presa, scherzando poco più in là, facendo casino sotto la pioggia. Tutti ridono e sono felici, non c’è differenza, ragazzi e ragazze si divertono insieme giocando e scherzando, siamo un bel gruppo, sprizziamo allegria da tutti i pori.



Le mie amiche di classe, Gisela, Francisca, Valéria e Julia tornano a casa presto, loro sono rimaste un po’ per conto loro, cerco di metterle a loro agio ma stare con dei ragazzi più grandi sembra metterle a disagio.



Nicola come un giovane cicerone porta il gruppetto ormai ridotto nei pub, Costa offre da bere, a quanto pare il tipo dev’essere uno di quelli col portafoglio a fisarmonica, perfetto, approfittiamone. Ci siamo seduti tutti e 11 allo stesso tavolo e ci diamo alla pazza gioia.



Un drink lo pago io, no basta, sennò poi come cazzo torno a casa, ma no tranquilla ti portiamo a casa noi, va bene dai, mi butto. Un bacardi al limone signorina, grazie. Un altro. Un altro. Un altro e poi un altro ancora. Due cuba libre per te e il tuo accompagnatore, bellezza. Si grazie, adesso dammi da bere però. Una birra bionda che ci passiamo fra di noi. Bionda, bionda, bionda… adesso va di moda il giallo. Già, già, anche Nicola è di moda. Heliza mi diceva sempre che le ragazzine vanno matte per lui. Ma lui non va mai matto per nessuna. Le usa, si diverte, non apre mai il suo cuore a nessuno. Non si racconta. Non si confida. Non chiede consigli. Non mette mai a nudo i suoi sentimenti. A nessuno. Eccetto che a me. Oh, Nicola… Nicola ordina altri due gin lemon e due vodka. Tanto paga Costa. Ci sono due cannucce nel bicchiere, da una bevo io e da una beve lui. Questo tipo inizia a piacermi. Distendo le gambe sulla sedia accanto a Costa e gli rubo il cappellino. Mi sta bene. Non so per quanto l’ho tenuto in testa. Iniziavo a sentirmela un po’ girare, ma non importa, quel gin lemon è buono, ne voglio ancora. No signorina una vodka alla fragola grazie. Uhm. Una? Sembrano due. O forse quattro? Non lo so, vedo tutto così sfocato. Mi appoggio alla spalla di Nicola. Lui mi accarezza dolcemente. Risate, allegria, birre e amore. Non so quanto tempo è passato, cammino quasi dritta e sono seduta su una panchina sotto la loggia, Nicola è accanto a me. È l’effetto dell’acqua, ti ha fatto tornare un po’ lucida, mi dice lui. Va bene. Ora però stammi vicino, fa freddo qui. Nell’altra panchina c’è Roberto e una rossa che non conosco. Dev’essere l’amichetta di Costa. Ma Heliza dov’è? Dove sono gli altri? Ah, sono già andati a casa? Ah, già, sono le due di notte, è tardi. Tra un po’ verranno anche i miei. Uffa, non voglio. Ho voglia di stare con te, biondino. Stammi accanto. Fammi le coccole. Lo sai? Mi piaci un sacco.

E questo qui vicino a te chi è? Non mi ero accorta che c’eri prima. Eri lì alla festa? Ah ecco perché infatti non ti ho visto. Beh, piacere, io sono Anaya. Diego? Diego Fontana? Bel nome Diego. Ce l’hai un soprannome? No? Beh, allora te lo trovo io. Fontana, font, fonz. Ecco, Fonzie! Okay allora d’ora in poi ti chiamerò così. Sunday, Wednesday, happy days.. ahahahah! Cosa? Dove abito io? A... ehm...La Pas, può essere? No, no, aspetta, si chiama… Le Paz, giusto? No…. Uhm… non riesco più a pronunciarlo giusto… eheh… iih.. eh? ah sì Nicola, esatto, La Paz, proprio così. Sì, ce l’avevo sulla punta della lingua. Ahah!



L’alcool sbriglia la mia fantasia, la mia lingua impazzita parla e ride e racconta e chiacchiera, in una sincerità spiazzante, i miei ricordi uno dopo l’altro mi passano dalla mente alla bocca, passo dalle risa alla tristezza; Nicola ride e poi man mano lo vedo farsi più serio, ma io non capisco e continuo a raccontare. La mente sciolta e incontrollabile. I suoi occhi così belli mi fissano quasi increduli, poi diventano dolci, apprensivi, partecipi, solidali. Mi appoggio al suo torace con i ricami barocchi e lui mi prende tra le braccia. Fa scivolare un dito dalla mia fronte alle mie labbra, soffermandosi ad accarezzarmi la guancia. Scosta un ciuffo di capelli neri dagli occhi e li guarda, perdendosi in quel verde, come io mi perdo nel suo azzurro. Fa caldo e poi fa freddo, mi tolgo la giacca e scopro le spalle nude, lui le sfiora con le labbra. Chiudo gli occhi, mi lascio trasportare dal silenzio della notte, non so più dove siamo, che ci faccio lì, c’è qualcuno attorno? Non mi interessa. Nella mia mente ci siamo solo io e lui. Lui ed io. Anaya e Nicola. Nicola e Anaya. I due fan dell’hard rock, i due casinisti, i due appassionati di moto, il biondo e la mora, loro due, noi due, nient’altro che noi due. Cerco ansiosa le sue labbra. Occhi chiusi. Occhi aperti. I suoi occhi mi conquistano. Azzurri, chiari, come il cielo, di più, come il ghiaccio. Intensi, a tratti duri, glaciali, a tratti allegri, dolci. Mi lascio trascinare in un vortice di sospiri e desideri. Mi restano in mente ancora i suoi occhi. Mi stanno guardando dolcemente, desiderosi, insoddisfatti, vogliono di più, che cosa vogliono da me quegli occhi? Decido di non pensarci. Mi stringo a lui come una bambina e sento i muscoli del suo petto contrarsi e sospirare seguendoci. Occhi blu, blu blu blu, blu come la notte, blu come il mare, blu come l’acqua, l’acqua che sta piovendo dal cielo, brr che freddo, torno alla normalità, torno in me, è ora di andare a casa mio principe biondo, devo andare, davvero, è stato bello conoscerti. Ora vado. Mi rivesto incerta sul da farsi mentre lui mi accarezza i capelli e lo saluto, saluto il mio principe. Devo proprio andare, salgo sull’auto, ciao angelo dagli occhi blu, demone dagli occhi blu.

La radio in camera mia diffonde “Tomorrow” degli U2. Tornerai da me domani? Posso dormire tranquilla allora? Ti ricorderai della tua bambina dagli occhi verdi? Can I sleep tonight? ‘Cos I want you… yeah... ah-ah..Will you be back tomorrow…

Cap.10


....Ed è tornato. Il giorno dopo, esattamente. Abbiamo iniziato a frequentarci, dopo neppure una settimana facevamo già coppia fissa. A volte le sbornie oltre al mal di testa portano anche cose positive ;)



Io ero persa per Nicola. Ma proprio innamorata pazza. Sapete che significa riempire quaderni su quaderni solo scrivendo il suo nome, spendere fino all’ultimo centesimo per riempirlo di regali e regalini, trovare un po’ di lui in ogni canzone, pensare a lui ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo? Io sì. Nicola... ah, Nicola, hai saputo davvero conquistarmi. Nessuna ragazza ti ha mai amato quanto ti ho amato io in quei tre lunghi, bellissimi, divertenti, pazzerelli, passionali anni che abbiamo trascorso assieme fra alti e bassi, gioie e dolori, orgogli e rimpianti, arrabbiature e litigi, sorrisi e baci e abbracci e te ed io e amore, semplicemente amore.



Nicola aveva mille attenzioni per me. Quanti ricordi… quante cose fatte assieme. Ricordi stupidi, semplici, irrilevanti, che però invadono i miei pensieri come se fossero i più importanti di tutta una vita..

Me lo ricordo ancora, il giorno dopo il nostro incontro. La mattina mi ero svegliata tardissimo, alle undici, ero distrutta: un mal di testa pazzesco! Per darmi una svegliata, ho sceso le scale intontita fino alla cucina dove mi sono fatta un caffè, e con la tazzina in mano sono tornata in camera mia dove ho messo su un po’ di musica: la cassetta dell’album dei Pink Floyd Delicate Sound of Thunder. Ho ascoltando Another Brick In The Wall a ripetizione per non so quante volte, finchè mia madre non mi ha urlato di cambiare canzone lanciandomi una ciabatta per rafforzare il concetto e costringendomi a mettere un’altra cassetta. Stavolta opto per l’album In Through The Out Door dei Led Zeppelin. E intanto nella mia testa frullano mille e più pensieri. Quando rivedrò Nicola? Perché non si fa sentire? Perché non mi telefona? Perché sembra che il tempo si sia fermato e io me ne sto qui come una deficiente ad aspettare che quel fottuto telefono squilli? Mi faccio un casino di film sul perché Nicola non si sia ancora fatto vivo. Che sia impegnato con la scuola? Col calcio? Mi aveva detto che giocava in una squadra in serie C2 e che era spesso impegnato con gli allenamenti. Nicola andava pazzo per il calcio. Era una delle sue principali ragioni di vita, nonché il suo sogno. Una vocina maligna dentro alla mia testa mi suggerisce che i motivi per cui non si fa sentire siano ben altri. Qualche nuova ragazza? Cerco di autoconvincermi che non c’è nessun’altra ragazza, ma resto comunque pensierosa e accigliata. Ho appena messo All Of My Love quando sento trillare il campanello di casa. Mi infilo un paio di infradito nere e scendo velocemente le scale, fino ad arrivare ad aprire la porta dell’ingresso.

Quello che mi trovo davanti mi lascia perplessa e piacevolmente sorpresa.

Un enorme mazzo di rose rosse tenuto in mano da un tizio con la divisa dell’Interflora.

“Ehm…lei è la signorina Imanu?” mi dice con tono esitante.

Per un attimo non ci credo. Cerco di disilludermi pensando che siano per mia madre.

“Sì, sono io.. per caso cercava mia madre?”

“No, sinceramente a me pare che sua madre si chiami Marìa… e qui c’è scritto ‘per Anaya’… è lei per caso?”

La mia espressione di stupore si tramuta in un estatico sorriso. Nella mente mi ronza una sola parola. Nicola. Sì, di sicuro, me le ha mandate lui. Oh, Nicola!

Prendo in mano il mazzo di rose e corro in camera per infilarle in un vaso d’acqua. Mi soffermo a rimirarle estasiata. Undici bellissime rose rosse, con un bigliettino attaccato al mazzo. Curiosa, come sono sempre stata, lo apro e lo leggo.

“Ehi, stupenda…

i fiori più belli

per la rosa più bella di tutte!

Un bacio,

Nicola”

Sorrido leggendo quelle righe, e annuso una delle rose. Che profumo fantastico… me lo ricordo ancora perfettamente come se fosse ieri.

E’così che è iniziata la nostra storia. Con le 11 rose rosse più belle che avessi mai visto. O forse era il mio cuore impazzito di gioia a vederle così belle. Comunque sia, con quei fiori iniziò un lungo periodo felice per me. Io e Nicola facevamo coppia fissa ed eravamo innamoratissimi, ed io ed Heliza eravamo ormai diventate amiche del cuore, confidandoci tutti i nostri pensieri e combinandone insieme di tutti i colori. Quante pazzie, quante avventure!



Una delle prime è stata quella a Capodanno.



Cap.11



Quel 31 dicembre avrei dovuto passare una tranquilla serata fra ragazze a casa di Heliza, assieme a lei e a Gisela, Valeria, Julia e Francisca.

I miei quella sera se ne sarebbero andati soli soletti in un bel ristorantino di La Paz a festeggiare romanticamente il Capodanno, mentre io avrei dovuto passarlo nella casa LIBERA di Heliza con le mie amiche.

Ahahaha.

Sembra quasi vero.

Quando mai le cose tranquille sono state la mia passione?! Io adoro l’azione, l’avventura, seguo sempre il mio istinto, e… quella volta il mio istinto mi suggeriva di combinarne una delle mie.

E come sempre, gli ho dato retta.

Una volta arrivata a casa di Heliza, come sempre per ultima, trovai il grande tavolo di legno nella cucina di Heliza strapieno di bottiglie di tutti i tipi di liquori esistenti e qualche ciotolina di patatine sparsa qua e là. Sorrisi.

Le mie amiche mi vennero incontro salutandomi mentre Heliza alzava il volume dello stereo.

Nella stanza si diffondono le note scatenate di Lady With The Spinning Head degli U2.

“Woow! Ti piacciono gli U2!! Io li ADORO” esclamo, sorridendo ad Heliza. Poi mi volto e vedo quelle smorte di Valeria e Julia che si sono educatamente sedute e piluccano tranquille qualche patatina.

“Ehi, che è sto mortorio?! Ragassuole mie care, è capodanno, make some noise!” esclamo io correndo lì a scuoterle ridendo.

“Anayuzza! Basta con quegli stranierismi” mi rimprovera scherzosa Heliza incrociando le braccia e gustandosi la scena con aria divertita.

“Anaya!! Anaya stai ferma!!” urlano le altre due cercando di divincolarsi.

“Macchè stare fermi!! CASINOOOOO!!” aggiungo io saltando sul tavolo e mettendomi a ballare sulle note di When Love Comes To Town degli U2.

Mi abbasso un secondo per prendere in mano un Campari rosso e me lo scolo tutto d’un fiato mentre continuo a fare la scema sul tavolo e con l’altra mano cerco di tirar su anche le altre.

Uso la bottiglia vuota come microfono cantando “I was a sailor, I was lost at sea, I was under the waves before love rescued me! I was a fighter, I could turn on a thread, now I stand accused of the things I've said!”. Heliza scoppia a ridere vedendomi e si unisce a me saltando sulla tavola evitando qualche ciotola di patatine qua e là, seguendomi nel ritornello.

“Love comes to town I'm gonna jump that train, when love comes to town I'm gonna catch that flame! Maybe I was wrong to ever let you down, but I did what I did before love came to town!”

“Anaya!!HELIZA!! Che combinate?!Ahahah!!” esclamano le altre scoppiando a ridere.

Alla fine riesco ad afferrare Gisela per un braccio e la trascino a ballare con noi, mentre ordino urlando a Julia di mettere su i Motorhead.

Salto giù dal tavolo afferrando una birra Franziskaner mentre ormai anche le altre iniziano a sciogliersi un po’. In quel momento, penso a Nicola. In questo momento si starà preparando per andare alla festa al La Plaza, un disco-pub a non più di dieci km da casa di Heliza.

“Ehi! Ragazze!Ho un’idea” esclamo io, mentre tutte si girano a guardarmi incuriosite.

“Che ne dite se chiamo Nicola e gli chiedo se ci porta con lui alla festa al La Plaza?” propongo con un sorrisone incoraggiante. Gisela, Valeria, Julia e Francisca si guardano fra loro indecise sul da farsi. Heliza mi sorride di rimando.

“Woow! Questa sì che un’idea, Anayuzza!! Forza, corri a chiamarlo!!” esclama lei mentre io filo di corsa verso il telefono. Compongo il suo numero di casa e aspetto che risponda.

“Pronto?”

“Nicola, ciao, sono io!” esclamo io emozionata.

“Ehi, ciao, bimba” mi risponde lui. Posso quasi vederlo sorridere all’altro capo del telefono. “Lo sapevo che non avresti resistito all’idea di chiedermi di venire con me alla festa”

“Sono così prevedibile?!” ridacchio io. “Beh, sinceramente… ecco… non sono l’unica che vorrebbe andare a quella festa…”

“Heliza?”

“Sì… Heliza… e…” trattengo il fiato prima di finire la frase. “…e anche Gisela, Francisca, Julia e Valeria”

“Tutta ‘sta gente? Piccola, sei veramente incredibile” scherza lui ridendo. “Certo che vi porto! Starete un po’ strette però… tra un quarto d’ora sono da te. Sei da Heliza vero?”

“Sì, sì, sono da lei”

“Perfetto. A dopo allora, dolcezza”

“Nicola?”

“Sì?”

“Grazie. Ti amo”

Ti amo?! Era la prima volta che glielo dicevo. No. Era la prima volta che lo dicevo in generale. Non avevo mai provato per nessuno quello che iniziavo a provare per lui.

“Ehi, bimba… anch’io ti amo” risponde lui, in un dolce sussurro. Io sorrido, ripensando a ciò che ho appena detto. Poi mi volto verso le altre alzando i pollici in segno di vittoria.

“Fatta!! Tra un quarto d’ora è qui!!” esclamo io estasiata.

La Paz. Un quarto d’ora dopo.

Nicola sta guidando, lanciandomi ogni tanto qualche occhiata divertita… io sono nel posto accanto a lui; dietro di noi ci sono Julia in braccio a Gisela, Valeria, ed Heliza in braccio a Francisca.

“Ora capisco che cosa provano le sardine in scatola” esclama Francisca scherzosamente. Scoppiamo tutti a ridere, mentre Nicola mette su Baby I love you dei Ramones.

Nicola canticchia la canzone guardandomi. Adoro la sua voce.

Have I ever told you how good it feels to hold you?

It isn’t easy to explain...

And though I’m really trying, I think I may stop cry ing

My heart can’t wait another day when you kiss me I just gotta

Kiss me I just gotta, kiss me I just gotta say

Baby I love you... c’mon baby!

Baby I love you… ooh-wee-ooh baby!

Baby I love, I love only you!

Io gli sorrido cantandogli un altro pezzo della canzone, mentre le altre ragazze sono troppo impegnate a chiacchierare e ridere per badare a noi.

I can’t live without you, I love everythinh about you

I can’t help it if I feel this way

Oh, Im so glad I found you... I want my arms around you

I love to hear you call my name oh, tell me that ya feel

Tell me that ya feel, tell me that ya feel the same!

Nicola mi sorride dandomi un dolce bacio sulle labbra, mentre gira verso il parcheggio del locale. E’ una specie di discoteca, con due enormi stanze: una con una pista da ballo e un bancone dove vengono venduti gli alcolici, e un’altra dove ci sono dei tavoli per mangiarsi una pizza o bersi qualche drink. Non ero mai stata al La Plaza. Decido che il posto mi piace.

Smonto sportivamente dall’auto e assieme a Nicola e alle mie amiche entriamo nel locale.

E’ pienissimissimo di gente, anche se l’atmosfera deve ancora scaldarsi. Nicola mi prende per mano portandomi dal barista.

“Cosa posso offrirti, bellezza?” mi domanda Nicola scherzoso.

Io gli sorrido sorniona e appoggio un gomito al bancone del bar sorridendogli.

“Un bacardi al limone… col ghiaccio” sussurro. Nicola mi strizza l’occhio ordinando una vodka all’anice per lui e un bacardi per me.

“E gli altri? Thomas, Maurício, Emanuel…dove sono?” domando io guardandomi attorno.

“Beh, Roberto sta per arrivare…. Thomas e gli altri devono essere qui in giro” mi risponde Nicola. Poi si da’ un’occhiata intorno. “Ehi, qui ci vuole qualcuno che sappia scaldare un po’ la situazione… ti va di ballare? Heliza mi ha detto che adori ballare… sono un bravo ballerino anch’io, sai?” mi sussurra all’orecchio.Io mi allontano di poco da lui per guardarlo negli occhi.

“Ah si?” commento io alzando un sopracciglio con aria sorniona. “Allora fammi un po’ vedere cosa sai fare…il cubo è tutto per noi” aggiungo poi prendendo con delicatezza la sua mano e conducendolo verso il centro della pista.

“Mmm… mi piacciono le donne con spirito d’iniziativa” commenta lui, mentre sale sul cubo con me. Il dj fa partire un disco di David Bowie. Le note di Let’s Dance! riempiono la stanza.

Let’s dance! Put on your red shoes and dance the blues...Let’s dance! To the song they’re playing on the radio... Let’s sway! While color lights up your face…Let’s sway, sway through the crowd to an empty space...If you say run, I’ll run with you, if you say hide, we’ll hide, because my love for you would break my heart in two! If you should fall into my arms and tremble like a flower!

Mi lascio trasportare dal ritmo della musica e ballo seguendo il tempo... dietro di me Nicola lascia scorrere delicatamente una mano sui miei fianchi, muovendosi dietro di me. Anche le mie amiche iniziano a sciogliersi un po’, scorgo Heliza ballare avvinghiata a Roberto, Julia e Francisca chiacchierare con Thomas poco più in là, mentre Valeria e Gisela ballano poco distanti dal cubo attorniate da ragazzi.

Penso ai mie genitori che al momento saranno seduti tranquilli al tavolo del ristorante pensando magari a me, chiedendosi se mi sto divertendo, se non sarà magari troppo noiosa una semplice festicciola fra amiche per Capodanno.

Ahahaahah… !

Sorrido mentre mi scateno seguendo la voce di David Bowie che incita tutti a ballare. Let’s dance! You could look into my eyes… Let’s sway! Under the moonlight, this serious moonlight…



Le 23.58… ancora due minuti, e poi il 1992 finirà…

Quanto tempo è passato da quella sera del 31 Dicembre 1992! Eppure me lo ricordo ancora così nitidamente. Posso quasi risentire i brividi sulla mia pelle mentre Nicola mi baciava mentre la musica attorno a noi si diffondeva prepotentemente, stordendo ancora di più chi già s’era dato il suo bel contributo a forza di tracannare bottiglie su bottiglie di alcool.

Arriva finalmente la mezzanotte e in un coro di urla e risate diamo il benvenuto al 1993, che si preannunciava intenso e ricco di emozioni. Un po’ allegra, ma ancora abbastanza sobria da camminare dritta senza sbandare addosso a nessuno, afferro una bottiglia dal bancone del bar e inondo tutti di spruzzi d’alcool. Thomas non se lo fa ripetere due volte e segue il mio esempio, creando in pochi secondi il grande casino che potete ben immaginare.

Rido divertita mentre attorno a noi si scatena il finimondo…

Sono le 3 e venti di notte. Mi gira un po’ la testa, colpa dell’ultimo Bloody Mary che mi ha offerto Nicola e che mi ha dato il colpo di grazia. Mi distendo su due sedie vicine alla porta osservando ragazzi e ragazze che si salutano e se ne vanno… chi un po’ traballante, chi sobrio, chi allegro e chi del tutto distrutto. Un piede lo tengo a terra mentre l’altro è appoggiato sulla seconda sedia, una mano invece l’appoggio alla prima sedia per sorreggermi mentre bevo un po’ d’acqua, giusto per tornare un po’ sobria. Fra meno di un’ora è previsto il coprifuoco e non posso tornare a casa in queste condizioni… anche se non sono ubriaca, sono comunque un po’ allegra ed è meglio evitare inutili problemi. ;)

Stavo giusto osservando il giubbotto di pelle da motociclista della ragazza mulatta che sta uscendo dal locale chiedendomi quanto possa averlo pagato e dove possa trovarlo anch’io, quando sento una mano ormai ben conosciuta sfiorarmi delicatamente la spalla per farmi girare.

Nicola.

“Bimba..” inizia lui con un sorriso. “Ti sei presa l’acqua per rimettermi un po’ in sesto, eh?” mi domanda con l’aria di chi la sa lunga. “…E brava la mia bambina” aggiunge dandomi un lieve bacio sulle labbra. “Tra poco dovrò riportarti a casa, dolcezza…che ne dici se stiamo un po’ insieme in tranquillità al parco qui dietro? Ho voglia di stare un po’ solo con te…” aggiunge sussurrandomi all’orecchio.

Io, ormai completamente sobria, gli sorrido. “Certo… ma che ore sono? Già le 3 e mezza? Oh, beh, allora come potrei rifiutare quest’invito? Una serata non è una bella serata se non passo almeno mezz’ora solo con te” gli rispondo io strizzandogli un occhio.

Nicola mi prende per mano conducendomi ad un parco dietro al locale… è praticamente isolato, eccezion fatta per il gatto randagio un po’ spelacchiato che sta passando il suo capodanno dando la caccia a chissà quale sfortunato topino.

Nicola si siede su una panchina prendendomi in braccio. Mi accarezza i capelli con un gesto dolce e affettuoso.

“Bimba, quanto sei bella stasera” sussurra lui facendo scivolare un dito dalla mia fronte alle mie labbra. Io sorrido rubandogli un intenso, lungo bacio. “E’ stato il mio Capodanno più bello finora… e spero ce ne saranno tanti altri ancora più belli, tutti insieme a te” gli sussurro io guardandolo negli occhi sorridendo. Lui mi stringe forte e mi accarezza teneramente il viso.

“Puoi scommetterci, piccola” sussurra dandomi un lungo bacio.

Stavo così bene tra le sue braccia… maledicevo il tempo che passava inesorabilmente e tra poco meno di mezz’ora mi avrebbe costretta a staccarmi da quell’abbraccio per tornarmene a casa.

Ad un tratto, Nicola allontana il suo viso dal mio per dare una sbirciata al quadrante del suo orologio. “Bimba… sono le quattro, forse è meglio se vai a chiamare le tue amiche” mi dice lui, facendomi delicatamente alzare. Io faccio una smorfia da bambina capricciosa e lui mi accarezza i capelli dolcemente, come se fossi… come se fossi la cosa più bella che avesse mai visto.

Lo prendo per mano e ritorno nel locale… è semi vuoto, praticamente è rimasta solo la mia compagnia. Vedo Thomas, Emanuel e Marcos passarsi una canna, Francisca e Valeria distese sulla panchina vicina alla parete poco più in là decisamente ubriache, Gisela le guarda e ride mentre accanto a lei Mauricio la sta letteralmente mangiando con gli occhi. Julia si stava rifacendo il trucco poco distante da lì sforzandosi per tenere con una mano un minuscolo specchietto e con l’altra una matita per gli occhi poco appuntita che poco ci mancava non le bucasse un occhio. Heliza e Roberto sono ancora lì che non fanno che baciarsi. Ma se l’è incollata addosso con la Vinavil?! mi chiedo tra me e me, soffocando una risata.

“Ragassuoleeee! Sono le quattro, è ora di alzare le chiappe e smammare!!” annuncio io facendo il mio rumoroso ingresso nel disco-pub. Valeria e Francisca neanche mi ascoltano e continuano a guardarsi con aria piuttosto imbecille ridendo per chissà quale motivo a noi ignoto. Sorrido alzando un sopracciglio e mi fiondo a recuperare una bottiglia d’acqua naturale dal bancone del bar per poi rovesciargliela in testa…

“Ora voglio proprio vedere se non vi svegliate!!” esclamo io fra le risate generali e gli strepiti delle mie due amiche.

“ANAYAAAA!!” urla inviperita Francisca togliendosi una scarpa con l’intenzione di tirarmela addosso, ma la sua mira è troppo annebbiata dall’alcool per essere giusta… e infatti becca la parte addominale bassa di Mauricio che viene improvvisamente distratto dalla sua ammirazione per le forme di Gisela e si piega in due dal dolore.

“Francisca! Che cazzo fai!!” gli urla con una smorfia di dolore che alla fine sfocia in una risata. Mauricio raccoglie da terra la scarpa di Francisca e gliela lancia addosso, ma viene intercettata da Emanuel che la recupera agilmente e la infila al piede di Francisca, alla quale nel frattempo è già passata l’arrabbiatura ed è tornata a ridere come una deficiente.

In pochi minuti riesco a recuperare tutte e 5 le mie amiche e ci infiliamo nella macchina di Nicola. Lui mi sorride e mette in moto la macchina. Verso le quattro e mezza abbiamo riportato a casa tutte, manca solo una… io.

Nicola mi ha lasciata apposta per ultima, per potermi dare un degno saluto. Ferma la macchina davanti al cancello di casa mia. Faccio per aprire la portiera dell’auto e smontare, quando lui mi afferra delicatamente per un braccio.

“Ehi, bimba, te ne vai via così? Lascia almeno che ti rubi un altro dei tuoi meravigliosi baci…” mi dice lui, e senza neanche aspettare la risposta mi bacia con passione.

Io mi stacco un attimo da lui e gli sorrido. Lui mi guarda. “E’ stata una delle mie serate più belle… e se è stata così fantastica, è stato solo grazie a te” aggiunge lui con un altro bacio.

Wooow… wow wow wow! Nicola, il bellissimo, famoso, leggendario Nicola mi sta baciando. E vuole proprio me!

Con un altro bacio gli auguro la buonanotte e poi attraverso il vialetto di casa fino alla porta. Infilo le chiavi nella serratura e la apro, i miei dovrebbero ritornare a momenti… salgo velocemente le scale e mi infilo sotto al letto, giusto un attimo prima di sentire arrivare la macchina dei miei. Tiro un sospiro di sollievo… ancora un minuto, e mi sarei presa la più grande sgridata che il mondo ricordi…

Ma non è il fatto che ho evitato la sgridata a rendermi così felice.

E’ Nicola.

Ma in fondo si sa, no? Il primo amore non si scorda mai.



 
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view post Posted on 22/1/2007, 00:33
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Cap.12

…E, se è per questo, neppure le prime cazzate scolastiche non si dimenticano mai piuttosto facilmente.



Ma in assoluto la pazzia più bella con Heliza è stata quella che abbiamo combinato nei primi mesi del 1993.



Mi ricordo ancora la data.



Era il 12 gennaio 1993.



Quella mattina avevamo 2 ore buche perché mancava la professoressa di inglese e così decisi di prendere l’autobus e andare a casa di Heliza, per fare colazione da lei e poi alle dieci andare a scuola con lei.Una volta arrivata da lei, Heliza mi accoglie con un sorriso e mi prepara un caffè, mentre come sottofondo ci svegliamo con Smoke On The Water dei Deep Purple che ci mette la carica giusta per iniziare la giornata.Alle dieci ci avviamo alla fermata dell’autobus, ma la voglia di andare a scuola proprio non ce l’abbiamo. Ci guardiamo in faccia, capendo al volo l’idea che ci stava balenando in testa. Scuola? Oh, no, troppo scontato. Perché non ce ne andiamo da qualche parte? Peccato che non abbiamo né la macchina, né la moto. Beh, noi magari no, ma ci sarà qualche altra persona al mondo con uno straccio di macchina che si degni di darci un passaggio da qualche parte… o no?!E così io ed Heliza ci ritroviamo alla fermata dell’autobus a fare l’autostop, ridendo e divertendoci un mondo della nostra incoscienza.Quasi non ci sembra possibile quando una bella auto sportiva si ferma e dal finestrino compare il viso di un bel ragazzo tra i 25 e i 28 anni dalla carnagione abbronzata e gli occhi scuri che ci saluta con un sorriso sornione.

“Ehi, ragazze!Serve un passaggio?”

Come sempre, prendo la parola io. Adoro condurre il gioco.

“Beh, non proprio.. sinceramente una meta non ce l’abbiamo… volevamo solo farci un giro”

“Allora, perfetto… io sono diretto a Santa Cruz de la Sierra… venite con me?”

Io ed Heliza ci guardiamo, incredule ed eccitate all’idea.

“Subito!” esclamo io, entrando in macchina seguita da Heliza. Lei mi guarda con un sorriso estasiato ed entrambe ridiamo divertite all’idea della pazzia che avevamo appena cominciato.Teniamo i finestrini aperti mentre l’auto vola sull’autostrada e il vento fresco mi scompiglia i capelli. Con gli occhiali da sole a mascherina guardo fuori con un gomito appoggiato alla porta dell’auto mentre il sole mi illumina il viso.

Ah, libertà, libertà… posso fare l’autostop e andarmene in giro per il mondo fregandomene di tutto il resto… posso rischiare e farmi male, ma non m’interessa… voglio solo vivere, muovermi e non fermarmi mai. Voglio solo essere libera di fare ciò che voglio quando voglio. Voglio solo non sprecare neppure un attimo di questa breve e incasinata vita. Voglio vivere ogni ora, ogni minuto, ogni secondo fino in fondo, non mi voglio risparmiare niente, voglio provare tutto quello che c’è da provare, voglio una vita piena e movimentata, voglio fare quello che gli altri non hanno le palle di fare, voglio essere tosta e libera e sfrontata e tutto quello che mi passa per la testa. Sono uno spirito libero. Chissà se mai riuscirò a mettere questa maledetta testa a posto.

Il ragazzo che ci sta dando un passaggio mette su una cassetta di Billy Idol, infilandosi poi un paio di occhiali scuri. Heliza, seduta nei posti dietro, mi prende la mano per farmi girare e scambiarci un’occhiata eccitata. Mi volto di nuovo per guardare fuori scostandomi una ciocca di capelli dal viso e sorridendo mentre Billy Idol canta Dancing With Myself.

Scopro che quel ragazzo si chiama Marcos, che ha 28 anni e si è separato da pochi mesi, ha una bimba di 6 anni di nome Estéla. La lingua di Marcos è irrefrenabile, in un’ora e mezza di viaggio ci racconta tutta la sua vita. Noi ascoltiamo senza fare particolari commenti, scambiandoci un’occhiata e un sorriso ogni tanto. Mi perdo nelle note di Enola Gay degli OMD, troppo concentrata sull’esperienza che sto vivendo per badare troppo alle sue storie. Che pazzia, non vedo l’ora di raccontarla alle mie amiche, se non ci fosse anche Heliza non mi crederebbero mai! Mi piace il vento che mi soffia in faccia, mi piace osservare la gente nelle altre auto, mi piace questa musica, mi piace questa libertà, mi piace essere qui con Heliza, mi piace tutto.

Dopo 3 ore di viaggio, arriviamo a Santa Cruz. L’enorme statua di Gesù Cristo all’ingresso della città ci da’ il benvenuto. Santa Cruz della Sierra è la città più popolosa della Bolivia, inoltre è capoluogo del dipartimento di Santa Cruz e della provincia di Andrés Ibáñez. Conta più o meno un milione e mezzo di abitanti, se non sbaglio; noi li chiamiamo i cruceños.

Marcos parcheggia l’auto, noi lasciamo gli zaini lì e usciamo. A gennaio qui in America Meridionale è estate, sono più o meno 30 gradi, il sole brilla e un leggerissimo venticello rende il caldo meno opprimente. Io ho una maglia nera attillata con lo scollo a V e il disegno di un teschio rosso, un paio di jeans al ginocchio, le infradito nere e gli occhialini a mascherina. Heliza invece indossa un top senza maniche azzurro e un paio di jeans blu scuro con le scarpe da ginnastica. Io e lei ci guardiamo. Ci scambiamo un sorriso.

L’avventura ha inizio!

Marcos ci porta in giro per la città, gironzoliamo per il centro scambiandoci commenti sui vestiti in vetrina e sulla gente del posto. Marcos ci ha prese in simpatia e comincia a chiederci di noi, della scuola, dei ragazzi. Noi chiacchieriamo iniziando il discorso una e finendolo l’altra, come se potessimo leggerci nella mente.Marcos ci paga i biglietti dell’autobus che ci porta fino al famoso giardino botanico e zoologico di Santa Cruz, dove ci paga pure l’ingresso ad entrambe! Adoro gli animali e la visita mi piace molto. Nello zoo troviamo solo animali della fauna tipica locale, ovvero: il raro “orso con gli occhiali” (buffissimo ma anche carinissimo!), il giaguaro, la vicuña (una specie di cammello senza gobba e un po’più piccolo), il lama, l'alpaca (simile ad una pecora, il suo mantello è molto pregiato ed è un antenato del vicuña), il formichiere, il tapiro, il capibara (il roditore più grosso del mondo, pesa più di un maiale!) , la tartaruga, l'alligatore e il condor. Heliza e io ci divertivamo un mondo a fotografarli e a fotografarci nelle pose più strambe immaginabili mentre Marcos ci guardava e ridacchiava divertito pensando probabilmente qualcosa tipo “Ma quanto pazzerelle sono queste?!”!



Verso l’una torniamo in centro e ci fermiamo in una pizzeria a prenderci una pizza rossa e berci una birra fredda. Marcos ci paga tutto anche stavolta, noi non ci facciamo grandi problemi ed accettiamo di buon grado queste sue gentilezze.

Nella pizzeria si diffonde la bellissima voce di Annie Lennox degli Eurythmics con la sua There Must Be An Angel. Ce l’ho quella canzone, nel Greatest Hits uscito nel 1991. La canticchio tra un boccone e l’altro. Attorno a noi è pieno di tavolate di ragazzi, perlopiù studenti immagino, che ridono e scherzano e fanno un casino bestiale. Ma noi 3 non siamo da meno. Con Marcos è una battuta dietro l’altra, sembra che ci conosciamo da una vita!

Sorseggio la mia birra fredda tra una chiacchiera e l’altra, assaporando la libertà di quei momenti. Io ed Heliza decidiamo che sarebbe un’idea fantastica se potessimo telefonare alle nostre amiche; mi viene in mente che oggi sia Julia che Francisca sono a casa di Gisela e così, non appena finita la pizza, ci fiondiamo in una cabina telefonica schiacciandoci l’una con l’altra e mentre Heliza mi detta il numero di casa di Gisela imprecando contro le mie “ingombranti forme” che la addossano alla parete della cabina appiattendola come una sardina, io compongo il numero.

Mi risponde Gisela.

“Pronto?”

Io lancio una breve occhiata complice ad Heliza, e sul momento m’invento uno scherzo e spero Heliza lo capisca e mi dia corda.

“Salve, sono la preside del Liceo Linguistico 'Francisco Pizarro' di La Paz. Sono in casa i genitori di Gisela Diez?”

dico io, cercando di dare il più possibile alla mia voce il timbro di quella della nostra preside. Sono sempre stata bravissima nell’imitare la gente, e la cosa non mi viene difficile.

Heliza soffoca a stento una risata mentre io le do’ un calcio sugli stinchi per farle capire di trattenersi.

All’altro capo del telefono, un improvviso silenzio. Gisela deve esserci cascata. Probabilmente avrà lanciato uno sguardo preoccupato e sconcertato alle altre, facendo un breve esame di coscienza cercando di capire quale marachella potessero averle scoperto e soppesando la possibilità di staccare i fili del telefono e chiudersi in casa per 3 giorni rendendosi irrangiungibile a tutti.

Posso quasi vederla, immaginandomela nella mente.

Alla fine non riesco più a resistere, e scoppio in una fragorosa risata, seguita a ruota da Heliza che ride divertita con le lacrime agli occhi dalle risate.

“Ehi, vecchia caprona!!! Ci sei cascata, eh? Sono io, Anaya, tontarella!!” esclamo io prendendola scherzosamente in giro.

“ANAYA!!!” urla lei di rimando tra il sollevato, il divertito e l’arrabbiato. “Mi hai fatto prendere un colpo! Stavo per staccare la spina del telefono e darmela a gambe!”

“Ahahahahah, lo sospettavo!!” rispondo io ridendo. Poi cerco di darmi un contegno. “Indovina un po’ dove siamo, io ed Heliza!!”

“E’ già, è vero, oggi a scuola non c’eravate!! Non mi dire che avete bigiato scuola!!”

“YESSSSSSSSS!!” urliamo io ed Heliza nel ricetivore spaccando i poveri timpani di Gisela.

“Ehi, voi due!! Non serve che mi distruggiate l’apparato uditorio, sapete!!” esclama Gisela ridendo. “Insomma, allora dove siete andate a ficcarvi?!”

“Non ci crederai mai! Abbiamo fatto l’autostop e un tizio di nome Marcos ci ha portate fino a Santa Cruz a vedere il giardino botanico!!”

“COOOOOOOOOSAAAA?!!” L’urlo di Gisela ci assorda le orecchie. “Questa la devo raccontare alle altre!! Francisca, Julia! Non avete idea di che hanno combinato oggi quelle due pazze di Anaya ed Heliza! Hanno fatto l’autostop e si sono fatte portare fino a Santa Cruz!!”

Baraonda totale. Le voci di Gisela, Francisca e Julia che si sormontano. Le uniche parole che riesco a sentire distintamente sono “Che pazze!!” e “Fino a Santa Cruz?!”. Heliza ed io scoppiamo a ridere pensando alla pazzesca situazione in cui ci siamo infilate.

La cabina telefonica segna che ci restano solo 10 centesimi da spendere, mi tocca salutare in fretta e furia le mie amiche.

“Ragazze, dobbiamo scappare, stiamo finendo il credito dalla cabina! Comunque appena faccio sviluppare le foto ve le porto, così avete la prova che è la verità!! Ciaoooo” le saluto io, mentre un “tuuu-tuuu” all’altro capo del telefono mi fa capire che ho esaurito del tutto il credito.

Marcos ci riaccompagna a casa dandoci un altro strappo in macchina, accompagnandoci fino alla stazione dei treni. Lo salutiamo con un abbraccio ringraziandolo mentre lui cerca una scusa per tirarla lunga. Lo guardo fisso negli occhi. Lo so che cosa vuoi, lo so benissimo, ma per oggi… ciccia! Penso fra me e me guardandolo mentre s’inventa cose assurde pur di restare ancora un po’. Heliza coglie il significato del mio sguardo e mi fa da spalla mentre, ridendo e scherzando, riusciamo finalmente a filarcela.

Te l’abbiamo fatta, cocco! Hai speso tutti quei cazzo di soldi per portarci in giro per il mondo e come ricompensa non hai avuto nemmeno un bacio. Tiè!

Rido e saluto Heliza prendendo di volata il mio treno, che sarebbe partito di lì a cinque minuti.



Una volta arrivata in casa, rispondo alle domande di mia madre su com’è andata la scuola inventandomi qualcosa su un’immaginaria lezione di latino e mi fiondo in camera mia ad ascoltare musica distesa sul letto a pancia in giù limandomi le unghie e mettendoci lo smalto nero. Metto su una cassetta dei Jefferson Airplane (album Jefferson Airplane Loves You, disco 1; del 1992) e la mia mente si lascia trasportare dalle note di Somebody To Love. Ahahahaha! Inizio a ridere come una cretina, così, la risata esce dalla mia bocca senza motivo, come se fosse una creatura a sé. Ahahahaha! Mi hai creduto mamma mi hai creduto! Lo sai dove cazzo sono stata, eh, lo sai? No che non lo sai! E non lo saprai mai! Te l’ho fatta! Vorrei proprio vedere quanti altri avrebbero avuto le palle di fare una stronzata del genere. Fare l’autostop e andarsene in giro con un tizio sconosciuto invece di andare a scuola… Cristo, ma l’ho fatto sul serio?! Sì, Anaya, l’hai appena fatto, fino a poche ore fa eri lì, a Santa Cruz. Pazzesco.

Ma allora sono un mito! Ahahahahha!



12 Gennaio 1993. Che dire…. Decisamente una data da ricordare.

 
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view post Posted on 1/4/2007, 11:00
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Cap.13

Io ed Heliza siamo decisamente le più pazzerelle della classe, le altre ragazze sono tutte molto simpatiche e divertenti ma… nessuna ha quel non so che che contraddistingue Heliza. Lei è così… così… così vicina a me! A volte lei iniziava una frase e io la finivo, dicendo esattamente quello che voleva intendere lei. La pensavamo allo stesso modo praticamente su tutto! Bastava uno sguardo per capirsi. C’era… un feeling pazzesco tra noi, che non avevo mai provato con nessuna amica prima, neppure con Catarina. Ero legatissima a Heliza, eravamo… in simbiosi. Lei sapeva tutto di me, e io sapevo tutto di lei. Almeno lo credevo… chi avrebbe mai potuto immaginare che poi sarebbe finita così? Ma questo ve lo racconterò più avanti.

Appena due giorni dopo alla nostra ultima pazzia a Santa Cruz, c’era un’altra data importante. Il compleanno di Nicola, il 14 Gennaio! I suoi 18 anni. Un traguardo importante, e volevo assolutamente esserci e fargli un bellissimo regalo.

Era da un po’ di giorni che mi scervellavo su che cosa regalargli… la scelta era vasta, ma… nessuna idea mi pareva abbastanza bella, abbastanza degna di un anniversario così importante. Volevo che fosse un regalo davvero speciale…

E l’illuminazione m’è venuta il giorno dopo, girando per il centro con Heliza.

Stavamo passando davanti ad una gioielleria, quando mi sono soffermata ad osservare la vetrina…

In bella vista campeggiava un bracciale maschile stupendo, elegante ma allo stesso tempo sportivo, proprio come lo stile che piaceva a Nicola. Continuavo a guardarlo pensierosa… finchè la voce di Heliza non mi fa sussultare.

“Ehi, Anayetta… hai visto il bracciale, vero?”

Ma come faceva sempre ad indovinare tutto quello che stavo pensando?

“Sì… esattamente. Sai… stavo pensando di inciderci nella parte di sotto a contatto con la pelle il mio nome…Però… mi chiedevo… non sarà troppo impegnativo? Sono appena 3 mesi che stiamo assieme…” rispondo esitante…

“E’ una bellissima idea, invece! Nicola è stracotto di te, gli farà di sicuro un immenso piacere” mi risponde lei con un sorrisone.

“Tu dici?” le domando io alzando un sopracciglio con aria complice.

“Io dico, io dico! Ora vedi di non fare la muffa davanti a questa vetrina e fila a comprarlo!!” aggiunge lei con una risata, spingendomi quasi a forza dentro alla gioielleria.

E anche il problema regalo era risolto… il giorno dopo, alle 9, avevo ‘preso in prestito’ lo scooter di mio cugino Lucas e ero andata a casa di Nicola. Gli altri invitati sarebbero arrivati un’ora dopo, volevo aiutarlo a sistemare tutto per la festa.

Nicola quando mi vede arrivare mi accoglie con un sorrisone, rubandomi un bacio. Avevo portato le mie cassette rock e le avevamo ascoltate insieme, decidendo quali fossero le migliori per la festa. Mentre lui sistemava la roba da bere e gli snack su un tavolo, io scrivevo cartelli scherzosi da appendere in giro per la stanza…

Avevo appeso un “..E ORA ABBUFFATEVI, PORCI!!” sopra al tavolino con gli snack e un “LUOGO DI PERDIZIONE” nella parte dove c’erano sedie, divanetti e bottiglie d’alcool sparse qua e là, che aspettavano solo di essere bevute. Nicola era scoppiato a ridere leggendoli, e io sorridevo abbracciandolo. Era così bello guardarlo in quegli occhi azzurri come il cielo…

Nicola mi bacia con passione, facendomi spallare delicatamente al muro… con una mano mi accarezza il viso… io mi siedo su un tavolino appena dietro di me continuando a baciarlo…

“…Ehi… tesoro.. potrebbe scendere tua sorella da un momento all’altro..” lo rimprovero io scherzosamente, con un sorriso. Lui mi sorride affermando un sicuro: “Mia sorella non scenderà prima delle dieci, vedrai… e manca ancora mezz’ora…” mi sussurra lui all’orecchio accarezzandomi la schiena… Chiudo gli occhi sentendo i brividi scorrermi sulla pelle.

In quello stesso momento, qualcuno apre la porta di botto.

“EHI!! Sono arrivati Roberto ed Heliza!!!”

Jennifer, l’odiosa e acida sorella di Nicola. Aveva un anno in meno di me, ma questo certamente non costituiva un ostacolo alla sua brillante carriera di puttanella del quartiere.

Alzo un sopracciglio guardando Nicola con aria sarcastica.

“Non scendeva prima delle 10, eh?” commento trattenendo una risata. Nicola lancia un’occhiataccia alla sorella. “Jennifer! Che diavolo ci fai qui?! Credevo fossi ancora in camera tua con Greta!!” poi torna a guardarmi. “Ehm.. beh, anche i migliori sbagliano, no?!” mi dice toccandosi nervosamente i capelli, un po’ a disagio. “Certamente” rispondo io, con un sorrisetto.

Andiamo a salutare Roberto ed Heliza, e in poco tempo arrivano tutti gli invitati. Roberto, Heliza, Thomas, Mauricio, Emanuel e la sua ragazza, Aida, ‘Costantino’ e Marcos.

Metto a tutto volume Heart-Shaped Box dei Nirvana. “Ehi, li conoscete, questi? Sono mitici!” esclamo entusiasta, mentre il riff iniziale di chitarra si diffonde nella stanza con una scarica di adrenalina.

La festa procede alla grande, balliamo beviamo cantiamo e ci scateniamo, mentre io e la sorella di Nicola continuiamo a battibeccare sul volume dello stereo. Lei abbassa perché odia il rock, io subito corro ad alzare al massimo… e alla fine, ovviamente è lei quella a doversi arrendere.

Heliza balla guardando estasiata il suo Roberto… mi soffermo a guardarli mentre sorseggio un po’ di Bacardi al limone… posso leggere negli occhi di Heliza quanto sia innamorata. Roberto invece mi pare più distante… mah, è sempre stato un ragazzo un po’ timido e riservato, sarà il suo carattere…

Ad un tratto vado da Nicola e lo porto in camera sua. Voglio dargli il mio regalo, da soli, senza tutta la confusione che c’è di là. Mi siedo sul letto e glielo porgo. Nicola sorride e scarta il regalo…

Quando prende in mano il bracciale e legge il mio nome scritto dietro, sorride felice, come mai l’avevo visto sorridere fino a quel momento. Mi abbraccia e mi bacia. “Oh, dolcezza, è un regalo stupendo! Grazie mille bimba, sei fantastica” esclama, continuando a baciarmi.

Sono felicissima che gli sia piaciuto il mio regalo... ci tenevo così tanto!

Dopo un po’ scendiamo e torniamo al casino della festa. Tutti continuano a divertirsi, quasi non si sono accorti della nostra assenza… ma… noto che manca qualcuno. Poi realizzo. Roberto e jennifer nn si vedno. Ne hanno fatto?

Non faccio in tempo a chiedermelo che ecco tornare Heliza.

“Ehilà! Sono andata un attimo al bagno! Hai visto Roberto?” mi domanda con un sorriso. “A dire la verità… no… ma probabilmente sarà solo uscito a prendere una boccata d’aria” la rassicuro io con un sorriso. Qualcosa non mi quadra… ho un brutto presentimento… Ma non dico nulla ad Heliza, non vorrei metterla in allarme per nulla.

Heliza mi sorride di rimando, anche se noto dalla sua espressione che è poco convinta. Non mi sfugge nulla del suo viso, ormai mi basta uno sguardo per capire il suo stato d’animo. Decido di non pensarci e mi prendo un altro bicchiere, stavolta di Cahipiroska alla fragola..

Neanche dieci minuti dopo sento una mano toccarmi la spalla.

Heliza.

“Ehi, Anayuzza, scusa se ti rompo, ma… ancora non riesco a beccare Roberto, te sai dove si è cacciato?” mi domanda, sorridendo. Sta cercando di nascondere un’evidente inquietudine, lo noto subito. Ma che sta combinando quel coglione di Roberto?! “Sinceramente non ne ho idea… se vuoi vengo fuori con te a vedere se c’è… su dai, vieni con me” le rispondo io, cercando di apparire il più tranquilla e rilassata possibile…

La prendo per mano con un sorriso e la trascino fuori dalla porta fino al grande giardino della casa di Nicola. Mi guardo attorno… sembra non esserci nessuno…

“Mmmm… non vedo nessuno, Heliza… non è che magari è andato in bagno? Potrebbe essere…” ma non riesco a finire la frase che sento dei rumori strani provenire dal retro della casa… dei.. sospiri… una voce femminile…chiudo gli occhi sperando con tutta me stessa che non sia ciò che penso io. Ma è inutile. Lo è.

Giro l’angolo e vedo Jennifer spallata al muro e Roberto che si da’ da fare per essere l’ennesimo amico di Nicola che passa per il letto di sua sorella. In questo caso non è un letto, ma l’azione è la stessa.

Heliza non ha parole per esprimere il groviglio di sensazioni che di sicuro avrà dentro di sé. Non ho neppure il coraggio di guardarla, né di guardare loro, non so che fare, vorrei sprofondare.

Roberto e Jennifer si accorgono della nostra presenza, si voltano a guardarci, le facce paonazze, gli occhi sgranati, ancora il fiatone. Roberto farfuglia qualcosa per giustificarsi, ma è troppo tardi.

Heliza corre via mentre lacrime amare non possono fare a meno di solcarle il viso. Mi volto per cercarle di fermarla, ma non ci riesco… e poi non saprei neppure se sarebbe potuto servire a qualcosa.

“HELIZA!!Heliza aspetta!” grida Roberto, allungando una mano verso di lei, nello stesso intento mio di fermarla, ma anche lui non ci riesce. Jennifer ha la stessa espressione sconvolta da 10 minuti.

Li guardo entrambi con tutto il mio disprezzo.

“Ecco, siete contenti?! La sapete una cosa? Mi fate schifo!” esclamo io con tutta la rabbia che avevo in corpo. Robert che stronzo che stronzo Dio mio che stronzo… e quella troietta di Jennifer.. Cristo Santo… devo trattenermi per non fare un occhio nero a tutt’e due.

Mi volto e vedo la figura sottile di Heliza che si allontana correndo. Velocemente aumento il passo per raggiungerla… non posso lasciarla da sola in quelle condizioni.

Ma non riesco a muovere più di due passi che vedo arrivare Nicola. Mi sorride con aria sollevata.

“Ehi, bimba, eccoti qui! Non ti vedevo più, mi chiedevo dov’eri... ehi, ma sei sconvolta! Che succede?!” mi chiede, accorgendosi della mia espressione. Mando giù la saliva cercando le parole per dirglielo.

“Vuoi sapere che succede?” rispondo. “Succede che dietro a casa tua ci sono il tuo migliore amico e tua sorella che stanno scopando. Ed Heliza che è scappata via piangendo.” Aggiungo con la voce più ferma possibile. Nicola mi guarda con occhi increduli. “Che… che cosa?! Roberto e... e mia sorella?! Heliza... scappata via piangendo...Ma... ma come...” farnetica lui, sconvolto quanto me. Poi dall’incredulità la sua espressione passa alla rabbia, e dalla rabbia alla furia. Lo vedo avvicinarsi a passi svelti e decisi verso Jennifer e Roberto.

“Nicola! Nicola dove vai?” esclamo. Adesso lo mena, adesso lo mena... penso fra me e me... “Vado a dire qualcosa a quei due… quei due…” urla Nicola, non trovando le parole per definirli. Non so se fermarlo o no. Alla fine decido di lasciarlo fare. Ha tutti i diritti di essere incazzato. Il suo migliore amico sta tradendo la migliore amica della sua ragazza con sua sorella che ha 13 anni appena compiuti. Il giorno del suo diciottesimo compleanno. No, non possono passarla liscia. Non devono.

La situazione si fa incandescente e dalla stanza dove ancora si sta svolgendo, ignara, la festa, arriva il ritmo violento e rumoroso degli Iron Maiden. Quasi una colonna sonora per la battaglia che ha inizio.

Jennifer si para davanti a Nicola con lacrime di coccodrillo che le solcano gli occhi, urlandogli di lasciar stare, di andarsene. Nicola non sente ragioni e la spinge in un angolo urlandole di rivestirsi. E’ fuori di sé. Lei ubbidisce, lanciandomi talvolta occhiate furiose, per la rabbia di essere stata scoperta dal fratello a causa mia e per la vergogna di essere vista in quello stato.

Ed è la volta di Roberto. Io sono lì, a pochi passi da loro, ogni tanto mi guardo indietro, cercando con gli occhi Heliza, indecisa se restare lì con Nicola o cercarla. E’ come se le mie gambe fossero incollate lì, ammutolita assisto alla scena.

Nicola guarda Roberto con un’espressione indecifrabile. E’ arrabbiato, imbarazzato, deluso, perplesso, incredulo, furioso. Lo guarda come se fosse la prima volta che lo vede. Non trova parole per capire la situazione.

“Si può sapere che cazzo ti gira in quel cervello?! Che diavolo ci sei venuto a fare qui, con mia sorella!! Ha appena 13 anni, ma che cazzo sei, un pedofilo?! Ed Heliza!! Non hai pensato a lei?! Mi hai rovinato la festa con le tue idee! La festa dei miei 18 anni!!” gli urla, mentre Roberto continua a fissarlo con le labbra socchiuse, non sapendo che dire. A quel punto le mie gambe tornano ad appartenermi, e decido di andare a cercare Heliza. Faccio il giro del giardino, e alla fine la ritrovo fuori dal cancello, accucciata dietro ad una macchina, tenendosi le ginocchia con le braccia, i capelli spettinati, le spalle che sussultano al ritmo dei singhiozzi.

Mi abbasso per arrivare alla sua altezza e le accarezzo i capelli, con dolcezza.

“Heliza… stellina… Heliza…” sussurro, alzandole il viso con un dito e guardandola negli occhi rossi di pianto con apprensione. “Heliza… io… non so che dire, né che pensare… non… non immaginavo…” farfuglio io, cercando le parole giuste per consolarla.

“NEPPURE IO!! Neppure io non immaginavo, cazzo, cosa diavolo avrei potuto immaginare?! Fino a ieri andava tutto benissimo! Mi aveva perfino regalato un anello, a Natale! Una fedina! UNA FEDINA!! E ora ha mandato tutto a puttane! Tutto! Con quella... quella... quella troietta di Jennifer...!” urla lei mentre lacrime copiose continuano a rigarle le guance, e il naso le diventa tutto rosso dalla rabbia e dalla disperazione.

“Heliza… oh, è andato tutto da schifo! Farei qualunque cosa per evitarti tutto questo dolore, ma purtroppo… purtroppo non posso fare niente… dai, vieni qui, lascia almeno che ti abbracci” le sussurro continuando ad accarezzarle i capelli. La stringo forte coccolandola dolcemente, cercando di alleviarle tutto il dolore che il suo delicato cuoricino starà provando.



Sono rimasta un bel po’, per terra dietro a quell’auto blu, consolando le lacrime di Heliza. E poi lei, stanca, triste, sfinita, ha voluto andarsene, così l’ho portata a casa dietro al mio scooter e l’ho salutata con un abbraccio assicurandole tutta la mia disponibilità, nel caso volesse parlare con qualcuno.

E poi… non potevo non andare da Nicola. Avevo dovuto lasciarlo lì con sua sorella e il suo ormai ex migliore amico, per andare a soccorrere la disperazione di Heliza. Ma…lui era pur sempre il mio amore, e non potevo lasciarlo da solo proprio in un giorno così importante e, purtroppo, così schifosamente concluso.

Così parcheggio lo scooter nel vialetto della casa, mi tolgo il casco e mi avvicino alla porta sul retro della casa. Quella porta conduceva direttamente al corridoio che portava alla camera di Nicola, ci ero passata ormai un sacco di volte.

C’è un casino pazzesco in quel corridoio, proviene dalla stanza di Nicola. La festa ormai è finita, se ne sono andati tutti, è rimasto solo lui, solo e arrabbiato e deluso e incredulo.

A passi veloci arrivo davanti alla sua porta, e riconosco quella musica. E’ Smells Like Teen Spirits, dei Nirvana. Album Nevermind del 1991. A quanto pare ha deciso di spararsi la musica rock a palla per sfogarsi un po’. Io lo faccio sempre, quando sono incazzata col mondo.

Apro lentamente la porta e lo trovo steso sul suo letto, tenendosi la nuca con una mano e tenendo in mano una Lowenbrau con l’altra. Guarda con occhi vuoti il soffitto. Quasi non si accorge che sono entrata.

Mi avvicino a lui e mi siedo in parte al letto. Noto delle lacrime scendergli lentamente sulle guance. Lui stringe gli occhi per ricacciarle indietro, ma non ci riesce.

“Oh, Nicola…” gli accarezzo il viso guardandolo mordendomi un labbro. Lui finalmente mi guarda.

“Ciao, bimba…” sussurra, spegnendo lo stereo. Gli passo un dito sotto agli occhi asciugando quell’accenno di lacrime, e lo guardo con dolcezza. “Mi dispiace tanto…” è l’unica cosa che riesco a dirgli. “Lo so” risponde lui, con un mezzo sorriso. “Dai, vieni qua” aggiunge, allungando una mano per stringermi a lui. Io mi distendo accanto a lui sul letto e lo accarezzo sul viso e poi sui capelli, sforzandomi di sorridergli.

“Non immaginavo… non immaginavo davvero, che potesse esserci qualcosa fra lui e mia sorella. Stava tenendo il piede in due scarpe… una scarpa era la tua migliore amica, e l’altra era mia sorella…” sussurra lui, stringendo le labbra come se non riuscisse nemmeno a pronunciare il nome di Roberto senza innervosirsi. “E chi poteva immaginarselo?” commento io. “Davvero, mi pareva così legato ad Heliza, che mai avrei potuto pensare che potesse farle questo… e soprattutto, non credevo sarebbe mai stato così stupido da rischiare di essere scoperto proprio in una festa così importante… la tua…” Nicola sospira ripensando a tutto quello che era successo. “Sì, la mia, cazzo, la mia! Bimba, non hai idea di quanto ci sia rimasto male… il suo comportamento è stato tremendo, davvero tremendo, ed io… io non ho più intenzione di vederlo” aggiunge con una nota di durezza e tristezza nella voce. “Ti ha deluso tanto, eh?” sussurro io accarezzandogli dolcemente il viso. “Purtroppo non posso che darti ragione… e ora però non so proprio che fare per Heliza. E mi dispiace un casino che la tua festa sia stata rovinata!” aggiungo, dispiaciuta. “Lo so, piccola, lo so, so che anche tu ci tenevi che andasse bene, si capiva dalla cura con cui hai sistemato tutto per la festa e dal bellissimo regalo che mi hai fatto… e ora… l’importante ora per me è averti accanto… dolcezza… sei l’unica che possa davvero consolarmi, in questo momento” Nicola mi abbraccia, baciandomi con dolcezza. Restiamo lì così, abbracciati, così tanto tempo che avevo perso il conto dei minuti passati…



E così, si conclude anche il compleanno di Nicola. Il nostro amore sempre più forte, quello di Heliza spezzato. Mi avevo già progettato qualcosa per farla tornare a sorridere, almeno un giorno solo….

 
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ILENIA_UTR
view post Posted on 18/4/2007, 10:35




Cap14.

Era arrivato febbraio, e con esso anche il Carnevale era alle porte. Per noi brasiliani è l'evento più importante di tutto l'anno:la popolazione risparmia e tira la cinghia per potersi permettere i costumi per la grande sfilata.

Anche in Bolivia, dove vivevo in quel periodo, si festeggiava, ma in Brasile era tutta un’altra cosa…

In tutto il Paese è festa per quattro giorni. A Rio de Janeiro la città si anima con balli notturni, sfilate in costume, e canti sfrenati dal sabato al martedì grasso; adoravo quel periodo, di cui mi mancavano tantissimo i colori, le feste, i balli, le piume e le paillettes che abbondano nel Carnevale carioca.

Decisamente una full immersion di allegria che sembrava essere proprio quello che mancava da un po’ ad Heliza… inutile dire che nel giro di pochi giorni un’idea particolare mi è balenata nella mente.

Così, quel giorno, mi sono fatta dare uno strappo in motorino dal mio cuginetto Lucas fino a casa di Heliza e sono entrata in camera sua.

“Hely! Non sai che magnifica idea ho da proporti!” esordisco io, col mio solito entusiasmo. Lei mi guarda alzando un sopracciglio, un po’ scettica. “Ah si? Ovvero? Un’altra delle tue pazzie, per caso?!” mi domanda, con una punta d’ironia. “Una follia di quelle super! Hely! Che ne diresti di passare il Martedì Grasso al Carnevale di Rio?! Sfileremo col carro di mio zio Franco, lui e tutta la sua famiglia passano le vacanze di Carnevale in Brasile, ci posso ospitare per quella giornata!! Oh, avanti, dimmi di sì, i miei già mi lasciano, sarebbe un’esperienza fantastica!!” esclamo io piena d’entusiasmo, quasi tutto d’un fiato. Heliza mi ascolta sgranando gli occhi, con la solita espressione tra il divertito, il complice e il perplesso che aveva sempre quando io le esponevo le mie pazze idee.

“Anaya, tu sei proprio folgorata! Però è un’idea allettante e mi piacerebbe tantissimo… ma dove dormiamo? E quando partiamo? Dovremmo partire la mattina molto presto… e ripartire il giorno dopo… ma sicura che i tuoi ti lasciano? A tuo zio non scoccia ospitarci?!” Heliza mi sommerge di domande. Ma l’idea le piace, glielo leggo negli occhi. Dopo quella festa, è sempre stata malinconica e triste... non può perdere questa magnifica occasione di divertirsi finalmente un po’!
“Ma no che non scoccia a mio zio, anzi! Ha una stanza degli ospiti con un letto a castello, dormiremo lì! Dai, pensa che figata! Ci metteremo il bikini di paillettes e sfileremo in piazza a Rio con il carro di mio zio! Sarà stupendo! E poi la sera tutti a fare festa e a mangiare la feijoada!!” esclamo io entusiasta dell’idea… poi mi avvicino ad Heliza poggiandole una mano sulla spalla e guardandola ora con occhi più seri e affettuosi. “Hely… ti ho vista soffrire tantissimo in questi giorni, ti meriti finalmente un po’ d’allegria… te la meriti tutta…” le dico io, sorridendole dolcemente. Heliza mi sorride di rimando.

“Lo so Anaya, apprezzo quello che stai facendo per me… è davvero un’idea stupenda… ci sto!”

L’idea di partecipare ad un carro del Carnevale di Janeiro ci entusiasmava moltissimo. Io avevo già assistito ad una sfilata di Carnevale un po’ di anni prima, ma ero ancora troppo piccola per poterci partecipare e divertirmi sul serio. Heliza invece non era mai stata a Rio, ed era ancora più emozionata di me.

Avevamo fatto una lista delle cose da portare e avevamo riempito due valige intere con la nostra roba. Ci era toccato perfino saltarci sopra per riuscire a chiuderle, tra le risate generali!

Né la mia famiglia né quella di Heliza stavano male in fatto di soldi, perciò non avevamo avuto problemi per la spesa del viaggio. Finalmente, il lunedì prima di Martedì Grasso, dalla Bolivia eravamo approdate fino a Rio de Janeiro. Erano le sei di sera, emozionantissime e per nulla stanche una volta arrivate nella casa di mio zio ci eravamo fiondate nella camera degli ospiti a depositare la nostra roba. Il giorno dopo sarebbe stato il Grande Giorno!

La notte non abbiamo praticamente mai dormito, emozionate com’eravamo. Avevamo chiacchierato fino a tardi, passandoci una birra e una cicca.

Il giorno dopo, eravamo scese in cucina verso le undici per fare una colazione un po’ in ritardo rispetto al solito. Ci eravamo preparate un caffè e poi ci eravamo vestite. Sotto alla giacca avevamo già pronti i nostri coloratissimi bikini!

I miei cugini Lucas e Laura ci aspettavano per mezzogiorno e mezzo ad una pizzeria nell’imponente Plaza XV De Novembro. E’ una piazza molto grande e conosciuta, sarebbe anche decisamente carina se non ci fosse il passaggio della strada sopraelevata (perimetral) a guastarne la vista.

Con un paio di fermate di metropolitane ci siamo arrivate e abbiamo preso una pizza insieme ai miei adorati cuginetti. Heliza conosceva già Lucas, che mi dava sempre strappi qua e là quando dovevo andare da qualche parte e che spesso stava a casa mia ad ascoltare qualche nuovo cd rock con me. Laura invece non l’aveva mai incontrata prima, perché conviveva col suo ragazzo fuori da La Paz e non la si vedeva quasi mai lì in giro.

Alle tre finalmente è iniziato il divertimento! Con uno squillo di tromba è stato dato ufficialmente il via alla sfilata dei carri, o meglio, quello che noi brasiliani chiamiamo il Carnaval Maravihloso, ovvero il Carnevale di strada. C’era veramente un casino di gente, la musica era assordante e i carri innumerevoli .

Avvolte nei nostri bikini di paillettes azzurre, con una piuma blu come orecchino e i tacchi a spillo, io ed Heliza sfilavamo insieme a moltissime altre ragazze di fronte al carro di mio zio Franco ballando al ritmo di samba e sventolando la bandiera brasiliana. Ci scambiavamo sguardi euforici ridendo senza motivo, felici di essere lì.

La musica era davvero altissima e la sentivo rimbombarmi nel petto, eppure non mi dava fastidio e continuavamo a scatenarmi come una pazza, le energie sembravano non esaurirmisi mai!

Spesso si avvicinava qualche marpione abbigliato con camicie sgargianti che ci rivolgeva un sorrisetto sornione, noi gli facevamo gli occhi dolci di rimando e poi scoppiavamo a ridere.

Era la prima volta dopo settimane che non vedevo più Heliza così felice! Ero davvero contenta di essere riuscita a tirarle su il morale, almeno solo per una giornata.

Tizi con l’altoparlante facevano un casino pazzesco, sovrapponendosi a quello della musica. Mi pareva di stare in mezzo ad un vortice di colori e musiche sfrenate. Era arrivata la Banda di Ipanema! Suonano samba fino a notte fonda.

Verso le sette la sfilata del carro di mio zio in giro per i blocos (cioè i quartieri brasiliani) era finita, così eravamo andati al Sambodromo dove ad un prezzo bassissimo ci siamo assicurati dei posti per assistere alla sfilata dei danzatori di samba. Un vero e proprio Stadio della Samba!

D’altronde la popolarità della samba è largamente responsabile del successo del Carnevale brasileiro, che è conosciuto praticamente a livello mondiale;le scuole che sfileranno passano mesi a cercare canzoni e balli che riflettano la storia brasiliana e il clima politico contemporaneo. La scuola vincente viene scelta da una giuria che dà voti separati per i diversi aspetti della sfilata. Ognuna vuole conquistare il gran premio dell'anno, ovviamente.

Vista dalle gradinate, è tutto un ondeggiare di cappelli con fantasie coloniali e perizoma brillantati, un serpentone snodato che fa ballare migliaia di persone, a piedi o sui carri, fino all'alba .

Non avevo dormito quella notte e ballavo dalle tre del pomeriggio, eppure erano arrivate le undici e ancora non ero stanca! Finita la sfilata dei danzatori di samba, ce ne siamo tornati a casa percorrendo le strade che pullulavano ancora di ragazze e ragazzi in maschera con tanto di piume colorate, che ballavamo al ritmo della musica divertente e sensuale del Carnevale Brasiliano.

Arrivati alla casa di mio zio che dava sulla spiaggia di Copacabana, io, Heliza, Laura e Lucas ci eravamo subito messi all’opera per prepararci uno spuntino di mezzanotte decisamente sostanzioso, in pieno stile brasiliano: feijoada, accompagnata con arance tagliate a rondelle, e da bere la batida paulista . La batida paulista è il drink alcolico tipico del Brasile a base di cachaça (ovvero la famosa acquavite brasiliana), da bere ghiacciata. La feijoada invece è un piatto di carne di maiale.

Una volta cucinata, avevamo preso delle coperte leggere e le avevamo portate sulla spiaggia, dove dopo aver acceso un piccolo fuoco ci siamo messi tutti quanti a mangiare.

“Ehi! Ma ci hai messo la pimenta!! Lo sai che odio il peperoncino!” esclama ad un certo punto Laura afferrando subito il suo bicchiere di batida per rinfrescarsi la gola.

“Ma va là che è buonissimo! Su mangia e ringrazia il vostro chef personale.” Scherza Lucas addentando la sua feijoada. Noi siamo scoppiate a ridere.

“Sì, concordo! Davvero bravo questo chef, magari ti lascio pure la mancia” aggiunge Heliza scherzando. Lucas le fa l’occhiolino e da’ un sorso alla sua batida.

“Mmmm, adoro la batida! Questa sera voglio ubriacarmi di batida paulista” esclamo io ridendo. Lucas sorride divertito, poi inizia a girarsi una cartina.

“Ehi! Sai che io non so girare le cartine? Mi insegni?!” gli domando io, avvicinandomi a lui col viso.

“Anaya impedita!!” esclama lui prendendomi in giro. “Dai, capro! Zitto e mostrami come si fa” lo zittisco io. Lui mi fa vedere la procedura per girare una sigaretta… dopodiché riempie la cartina di una specie di erbetta stopposa e ci avvolge attorno la cartina. Heliza gli lancia un accendino e Lucas accende. Io annuso l’aria. “Ehi, questo non è l’odore del fumo che conosco io…” commento poco convinta. Laura sorride con l’aria di chi la sa lunga. “Infatti questa è una sigaretta magica… vero fratellone?!” esclama rivolta verso Lucas, lanciandogli uno sguardo d’intesa. “Verissimo, Lauretta” approva lui, dando un tiro alla sigaretta. Io ed Heliza ci guardiamo divertite. “Sigaretta magica? O forse è meglio dire erba magica?!” esclamo io. “Erba magica, esatto! Brava cuginetta. Dai, non fai un tiro? Anche tu, Heliza!” risponde Lucas porgendomi la canna e facendo un cenno con la testa ad Heliza. Io prendo in mano la canna tra il pollice e l’indice, mezza distesa per terra, tenendomi su con un gomito sulla sabbia e tenendo l’altro gomito sul ginocchio piegato. Faccio il mio primo tiro di canna… mmm… decisamente buono. “Ehi, questa roba sì che è magica!” esclamo ridendo, passandola ad Heliza, che aspira avidamente. Butta fuori il fumo con l’aria di chi vuole godersela fino all’ultimo tiro, poi guarda Lucas. “Ma mi sento uguale a prima… non dovrei fare la stupida adesso?” domanda candidamente con un sorriso divertito sulle labbra. Lucas alza un sopracciglio.

“Abbi fede, vecchia…abbi fede” le risponde, mentre Laura si gira un’altra canna.

E ha ragione.

Inizio a vedere le facce prima vicinissime a me e poi d’improvviso lontane più d’un metro… mi sfrego le mani sugli occhi, li chiudo e li riapro, perplessa… Oddio! Non l’avessi mai fatto!Vedo tutto ancora più storto e sfocato. Mi viene da ridere. Hahahaha!

Mi copro con una mano gli occhi, poi la tolgo con un sorrisone in faccia, e rido e rido e rido e un motivo non c’è, ma è bello ridere è bello divertirsi e allora perché non farlo?! Viva la vita! Prendo a braccetto Heliza cercando di alzarci, ma sembra che le mie gambe abbiano intentato causa di divorzio col resto del mio corpo… metto un piede davanti all’altro, cercando di equilibrarmi muovendo le mani e agitando in aria una bottiglia di vino, inciampo e cado di lato trascinando con me Heliza che scoppia a ridere. Uahaahha! Siamo cadute! Heliza sputa la sabbia che l’è finita in bocca e io rido osservando la scena. “Ehi! Non si ride delle disgrazie altrui!!” urla Heliza lanciandomi la sabbia con le mani chiuse a coppa. Io abbasso la testa proteggendomi gli occhi con le mani mentre la sabbia mi finisce tutta tra i capelli. “Nooo! Bastarda!!” esclamo io, rovesciandole in testa tutta la bottiglia di vino mentre Heliza squittisce disperata come un topolino di campagna. Fradicia, puzzando di alcool come una vecchia ubriacona, Heliza si rialza con aria bellicosa con tutta l’intenzione di vendicarsi… Io ridendo come una deficiente mi alzo tenendo ancora la bottiglia vuota saldamente in mano e, incespicando qua e là, cerco di fuggire all’ira omicida di Heliza che cerca di inseguirmi ridendo, più storta di così si moriva!

Sgocciolando qua e là con la bottiglia in mano, finisco addosso ad un cespuglio e quando mi giro per sfuggire ad Heliza che mi aveva raggiunto, lei mi crolla addosso inciampando in un sasso nascosto tra la sabbia e, ridendo come due pazze, finiamo lunghe distese per terra fra le risate generali di Lucas e Laura.

“Ehi, ragazze! Dovremmo farle più spesso queste rimpatriate! Mi sto divertendo da matti” esclama Lucas agitando in aria la sua batida con aria divertita e compiaciuta al tempo stesso.

Da una casa lì vicino, dove probabilmente stava svolgendosi una festa di Carnevale, proviene la musica di una delle mie canzoni preferite… Because The Night di Patty Smith.

In preda ad un attacco di divertita follia, mi sfilo via la maglia e i pantaloncini e restando in mutandine e reggiseno, corro tutta storta verso il mare toccando con i piedi l’acqua bassa sulla battigia. “EHIIII! Dai ragazzi facciamo il bagno di mezzanotte!! YU-UUUUH!!” urlo io avventurandomi verso l’acqua più alta.

Urlando un “SIIIIIIIII!!” decisamente entusiasta e notevolmente ubriaco, Heliza mi segue con un’andatura altrettanto incerta. Lucas e Laura si guardano, alzando un sopracciglio divertiti e sorpresi dalla mi audacia, poi con un’alzata di spalle si liberano anche loro dei vestiti e si tuffano dalla parte del litorale quasi semideserto dove stavamo noi.

Muovo la testa facendo ondeggiare i capelli, agito le mani verso l’alto in una specie di danza sull’acqua, mentre Heliza ridendo mi segue.

...Take me now baby here as I am
pull me close, try and understand
desire is hunger is the fire I breathe
love is a banquet on which we feed...

Canticchio la canzone socchiudendo gli occhi, ora l’euforia di prima ha lasciato il posto ad un certo torpore e rilassamento...mi muovo ondeggiando con grazia, gli occhi chiusi, un sorriso rilassato in volto… capisco sempre meno, però sento la musica e questo mi piace.

...Come on now try and understand
the way I feel when I'm in your hands
take my hand come undercover
they can't hurt you now,
can't hurt you now, can't hurt you now
because the night belongs to lovers
because the night belongs to us!

Mmmm... mi piace la sensazione dell’acqua fresca che mi lambisce i fianchi... a tratti mi sembra bollente, a tratti gelida… le gambe fanno quello che vogliono, è inutile, non mi ascoltano manco a pagarle… e socchiudo gli occhi e canto… sì….

have I doubt when I'm alone
love is a ring, the telephone
love is an angel disguised as lust
here in our bed until the morning comes
come on now try and understand
the way I feel under your command
take my hand as the sun descends
they can't touch you now,
can't touch you now, can't touch you now
because the night belongs to lovers ...

With love we sleep
with doubt the vicious circle
turn and burns
without you I cannot live
forgive, the yearning burning
I believe it's time, too real to feel
so touch me now, touch me now, touch me now
because the night belongs to lovers

if we believe in the night we trust...





Il mattino dopo. Quella maledetta sveglia fa sempre un casino bestiale quando suona, Cristo.

Con una manata la blocco mugugnando. Un raggio di sole mattutino mi arriva giusto giusto negli occhi, aggrotto al fronte usando la mano come scudo contro la luce. Con l’altra mano stringo saldamente a me il piumino del letto, mi guardo attorno cercando di mettere a fuoco.

Dio, che gran mal di testa.

Heliza riemerge da sotto le coperte con un’espressione non meno assonnata della mia in viso.

Ci guardiamo.

Risata generale.

“Mio Dio, Anayuzza, ma tu non hai mal di testa?!” esclama lei tenendosi la fronte con le mani. Io rido svegliandomi un po’. “Eccome se ce l’ho anch’io! Sono distrutta, Cristo!” le rispondo con una risata. Con un ammirevole sforzo di volontà, mi alzo dal letto e, traballante, mi avvio verso il bagno massaggiandomi la schiena. Ho una botta pazzesca tutta blu proprio in parte al fianco, ma che cacchio ho fatto l’altra sera?! Sarò crollata addosso a qualcosa. Boh.

Mi infilo sotto alla doccia evitando accuratamente di guardarmi allo specchio, per non prendermi un infarto di fronte al decisamente poco sexy spettacolo dei capelli tutti spettinati e sudici di sabbia e il trucco colato.

Dopo una doccia sia per me che per Heliza, un cambio di vestiti e una ciotola di latte e cereali per colazione, salutiamo tutti e ce ne torniamo a casa. Durante il viaggio abbiamo alternato momenti di risata generale ad altri di completo torpore, una addormentata sulla spalla dell’altra.

Un soggiorno pazzescamente divertente nella mia amata Rio de Janeiro…e sorrido guardando fuori dal finestrino, ubriaca di vita.

 
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view post Posted on 25/9/2009, 22:47
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