| LA PRIMA VOLTA DI MELISSA CON CARLTON (Esperienza negativa vissuta quando Melissa aveva 13 anni) Cap. 4
Carlton mi passa l’ennesimo spinello, ormai ho perso il conto. Siamo rimasti solo io e lui, distesi sui sedili posteriori del furgoncino. Gli altri sono tutti in una tenda poco piu’ in la’ a sniffare cocaina. Il sedile posteriore e’ grande come una specie di divano, una tenda giallo ocra fa da “separe’ “ e dei cuscini sono sistemati all’altezza delle nostre teste. E’ largo e si sta comodi. Mi distendo pancia in su dando un tiro allo spinello, chiudo gli occhi, rilassandomi. “Vaneggiare. Sentirsi un bacio sulle labbra che palpita, come una piccola bestiola” Volto il viso per guardarlo, il suo profilo perfetto… Il naso dritto, le labbra carnose, gli occhi socchiusi, un ciuffo di capelli biondi e ribelli a coprirglieli. Faccio fatica a mettere a fuoco, la marijuana sta facendo il suo effetto. Gli passo lo spinello, lui apre gli occhi e lo prende tra le dita. Mi guarda, i suoi occhi sono offuscati da un velo lucido che glieli arrossa un po’, sembra che abbia appena pianto. Ha uno sguardo strano. Mi guarda in modo strano. Mi passa una birra, senza pensarci due volte la finisco tutta in un sorso. Faccio altri due tiri dello spinello, la testa mi gira ormai vorticosamente. Riesco appena a capire quello che succede, vedo Carlton gettare fuori dal finestrino lo spinello, poi mi si avvicina con un improvviso fuoco negli occhi. Questa volta non si tratta della droga. E’ il suo sguardo. Fruga su di me, nella mia scollatura, dentro di me. Indosso una canottiera sgualcita lunga fino ai fianchi, aderente al corpo, nera, semplice, senza reggiseno sotto. Porto un paio di pantaloncini neri, ho i piedi nudi. Sono ormai totalmente fatta, sorrido docilmente mentre lui allunga una mano verso di me e allunga il viso, baciandomi. Ma non sono i soliti baci, quelli a stampo, leggeri. No, questo bacio e’ diverso. E’ un bacio strano. E’ un bacio adulto. E’…. passione. Mi sento un po’ strana. Paura, forse? Il fumo l’aspira tutta, non ho piu’ alcun freno, mi concedo senza ripensamenti, tutto mi sembra surreale, sospesa in una dimensione a meta’ fra la realta’ e il sogno. E la realta’ mi sorprende sempre. Meglio viverla distorta, assurda, irreale, contorta, meglio farsi fino a star male e non pensare piu’ a nulla. Carlton e’ su di me, le sue mani mi frugano ovunque, mi sfilano via la canottiera mosse da un’ansia febbrile, il suo corpo mi sovrasta, mi sento improvvisamente piccola, fragile… ho la mente totalmente sgombra, non penso a niente, non capisco niente…i contorni del viso di Carlton ai miei occhi sono cosi’ sfocati, mi sembra di stare su un’instabile pista da discoteca, luci psichedeliche che nascono solo nella mia testa… mi gira tutto e mi aggrappo a lui, mi sembra che se mi reggessi a terra cadrei rotolando a terra. E’ arrivata la sera, e io sono il suo bottino. Il bottino di Carlton. Come se io fossi gia’ una sua proprieta’ , come se tutto questo fosse un’abitudine e una routine, che Carlton ha voglia di riscuotere. Non voglio essere di sua proprieta’ , non voglio appartenere a nessuno, voglio sentirmi libera, sempre. La mia mente vaga su sentieri tortuosi, formulo pensieri senza senso, sconnessi, alterno l’irrealta’ ai rari lampi di coscienza, la percezione alterata delle cose mi confonde. Non c’e’ tenerezza, nessuna parola tenera, neanche gesti teneri. E’ puramente fisico. Banale. Potrebbe almeno stringermi forte. Coccolarmi. Ma non c’e’ nulla che vada bene. Nulla che io riesca a capire, nulla che io sappia come affrontare. Vorrei il buio, vorrei non vederlo, vorrei non vedermi, vorrei dormire, vorrei sognare. Carlton sogghigna e mormora qualcosa di incomprensibile alle mie orecchie, mentre con una mano si abbassa i jeans. Guardo le ombre dei nostri corpi stagliati contro le pareti dell’interno del furgoncino col cervello anestetizzato. Seguo le sue mani, docilmente, lo lascio fare, cerco di capire, mi sforzo di essere lucida, ma la marijuana mi ha totalmente intontita. Un solo pensiero, ossessivo: io e Carlton lo stiamo facendo. Facendo facendo… facendo. Cosa? Nulla di piu’ insignificante. Facendo facendo… facendo. Come se da cio’ dipendesse la mia vita. E’ l’unica cosa che riesco a capire, e mi ci aggrappo svogliatamente, persa in un mondo tutto mio. Una sorta di rito di passaggio destinato a liberarmi, a fare di me una donna. Una fottutissima donna di 13 anni. Che non avra’ piu’ paura di dire: “Stasera non ne ho voglia” . Perche’ conoscera’ . La sofferenza. Mi sento cosi’ sola con quel corpo. Credevo di essermi presa una cotta per Carlton. Ora non sono piu’ convinta di niente. Non capisco piu’ niente. Non e’ romantico un sedile posteriore di un furgone. Carlton ansima dandosi da fare sopra di me, su di me, contro di me, dentro di me… Chiudo gli occhi mentre cerco di non pensare al dolore, l’unica cosa che percepivo distintamente, e non distorta come tutto il resto. Stringo i denti, forte e orgogliosa come sempre, mi aggrappo a lui, ci accasciamo entrambi, sfiniti. Non e’ stato bello per niente. Sento male, il dolore mi riporta alla realta’ , per un po’. Bisogna che lo faccia meglio, mi dico, in un tripudio di stronzate che affollano la mia testa intontita, perche’ non mi rimanga l’impressione di essere una nullita’ , una ragazzina tredicenne inesperta, che non conosce ancora nulla del piacere. Mi e’ sempre stato detto che la prima volta non e’ mai bella, che non si prova quasi mai piacere; quindi e’ normale. Cio’ che mi e’ mancato di piu’ e’ la tenerezza. Sentir male, non capire niente, essere disorientata, turbata, stare distesa accanto ad un ragazzo sudato e totalmente strafatto, tutto questo posso sopportarlo. Ma l’assenza di tenerezza? Notte di giugno! Tredici anni! Inebriarsi. La linfa… champagne che da’ alla testa…. Mi vengono in mente questi versi, scritti per me, dallo zio Casper. Ecco, e’ andata. Posso guardarmi allo specchio, mettere da parte i miei sogni, la poesia di cui amo circondare ogni momento, sotto questo aspetto da dura, questo bisogno di bellezza e di contatto fisico, di carezze, di passare le dita fra i capelli… Posso, devo, fare come si devono fare le cose della vita. L’amore, la prima volta, fa male, perche’ e’ maschile. Ma imparero’ Non sono piu’ sola. Questo corpo ora appartiene a qualcuno. E quel qualcuno e’ Carlton Lewis.
I primi raggi del sole filtrano attraverso le tendine, apro lentamente gli occhi cercando di svegliarmi, con la testa torturata in una morsa di mal di testa. Sento Carlton russare accanto a me, i capelli scomposti sul cuscino, lo spinello spento ancora tra le dita. Mi fermo un attimo a guardarlo, mi tornano alla mente i ricordi confusi della sera prima. Decido di non pensarci, e butto svogliatamente le gambe a terra portandomi a sedere. Mi riavvio i capelli, cercando di svegliarmi, ma un senso di pesantezza mi pervade, ogni gesto richiede una logorante fatica. Alzandomi, noto con orrore una grossa chiazza di sangue colorare di rosso il sedile, all’altezza del bacino di Carlton. Non sapendo che fare, la copro con un cuscino, e mi fiondo sui sedili anteriori trovandovi un Gary semi appisolato al posto di guida, fumando svogliatamente uno spinello, e Kurt e Fox che si passano una birra, anche loro con un’aria ben poco sveglia. “Tra quanto si riparte?” domando, poggiando una mano sulla spalla di Gary per risvegliarlo dal suo torpore. Lui mi guarda, gli occhi cerchiati dalla nottataccia. “Tra pco, Mel…finiamo questa birra e ci mettiamo in moto. “Hai fretta?” “No… chiedevo…” rispondo in un sussurro. Torno a sedermi al solito posto accanto a Carlton, apro totalmente la tendina in modo che il sole lo svegli. Carlton grugnisce, guardandomi con aria assonnata, poi si mette a sedere anche lui. Fox ci passa la birra, ne do un sorso mentre Gary accende il motore. Mi appoggio al finestrino, lo tiro giu’ del tutto e ci appoggio un braccio sopra, poggiandoci sopra la testa. Il vento mi scompiglia i capelli, all’epoca erano lunghi fino alle spalle. Torniamo a Londra sulle note di Iggy Pop. I am the passenger, I stay under glass, I look through my window so bright, I see the stars come out tonight, I see the bright and hollow sky over the city's ripped backsides, and everything looks good tonight... Singing la la la la la.. lala la la, la la la la.. lala la la!
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Casper mi fece sedere sulle sue ginocchia, come faceva quand’ero bambina. “La mia piccola Melissa sta diventando un’accanita fan del punk-rock, a-ha… cantilena divertito, fumando uno spinello. Gli sorrido, ancora un po’ intontita dalla sbornia del giorno prima. “E con quel Carlton, com’e’ andata? L’ho notato che ti piace, sai…. aggiunge, con l’aria di chi la sa lunga. Oh, proprio di Carlton doveva parlare! Penso, mordendomi un labbro. L’unica cosa che mi ricordavo distintamente della sera prima era quel dolore cosi’ intenso e la chiazza di sangue che ho lasciato sui sedili posteriori, nonche’ la vergogna che mi ha attanagliato per tutto il viaggio di ritorno. Gli sfilo lo spinello sforzandomi di sorridere, senza dargli nessuna risposta. Casper mi osserva con un sorriso piegandosi un po’ a lato, con l’aria pensierosa e sognante che aveva quando, nella sua mente, stavano nascendo versi nuovi per nuove poesie… “Oh, Melissa, Melissa….Viso di fiaba e spirito di precoce diavolo… il tempo che divori e’ sottratto al piacere futuro, decapita gli angeli che tu distruggi… Gli angeli combattono, gli angeli piangono, gli angeli cantano e gli angeli muoiono, sconvolti dalla tua bellezza…” sussurra, mentre io, con lo spinello tra l’indice e il medio, mi appisolo sulla sua spalla, rifugio sicuro.
Edited by LARA__CROFT - 12/11/2009, 19:21
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