VideoIl giorno dopoMarika si sveglia dopo l’ennesima notte dormita “a rate” per colpa di Blue che aveva deciso di miagolare e chiedere attenzioni: alle quattro di mattina aveva iniziato a correre per casa come una pazza inseguendo un topino di stoffa, Marika si era più volte alzata per cercare di requisirlo senza successo.
Marika si stiracchia nel letto e spegne la sveglia che violentemente le stava ricordando che era ora di alzarsi, quindi si alza e guarda Blue che ora dorme beata, scuote la testa negativamente mentre la guarda fare “le paste” a vuoto.
Quella mattina ci sarebbe stata la famosa riunione con il cliente nordeuropeo, quindi doveva essere preparata al meglio: opta per una mise formata da un tubino blu e giacca coordinata con scarpe con il tacco, si trucca velocemente coprendo le occhiaie e mettendo un mascara nero che esalta la grandezza dei suoi occhi “da cerbiatta” e si fionda nel traffico londinese.
La giornata è abbastanza soleggiata e quindi decide di fare un mix tra metro e camminata per raggiungere l’ufficio: quindi dopo pochi metri a piedi scende le scale della fermata della metro e si dirige al binario.
Quella mattina la fermata era abbastanza affollata e aveva la sensazione che qualcuno la stesse guardando, nonostante la famosa indifferenza che contraddistingue gli inglesi assonnati di prima mattina. Marika controlla l’orologio e si accerta di essere in largo anticipo mentre l’autoparlante annuncia l’arrivo del treno e mentre rialza lo sguardo si sente ancora osservata, l’estrema sensibilità empatica di Marika la faceva sentire a disagio nonostante non vedesse fisicamente che qualcuno la stesse guardando, deglutisce e sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio nel vano tentativo di togliersi quel disagio che aveva iniziato a farle venire le palpitazioni e il fiato corto. Non era la prima volta che questi piccoli attacchi di panico venivano a trovarla, ultimamente erano sempre più frequenti e oltre ai sintomi fisici aveva la sensazione che qualcuno la stesse guardando, non aveva mai scoperto nessuno fissarla, ma nella sua testa era così.
Quando il treno fa il suo arrivo al binario Marika si guarda intorno cercando di capire se effettivamente qualcuno la stesse guardando, ma la folla che si avvicina alle porte del mezzo la distrae dal suo intento, prende un bel respiro cercando di controllare l’ansia e sale sul treno con direzione centro di Londra.
Marika scende alla fermata che dista a pochi minuti a piedi dal suo ufficio e comincia a camminare a passo svelto per raggiungere l’entrata del palazzo che ospita la sede del suo ufficio, quindi fa il suo ingresso salutando la receptionist e prende l’ascensore, il quale ha una delle quattro pareti specchiate. Marika si controlla per l’ennesima volta il vestito cercando di raddrizzare una piccola piega con la mano, in quel momento il cellulare vibra nella sua borsa, lo estrae: Zip Davis.
Il faccione sorridente di Zip che Marika aveva impostato come immagine del profilo fa capolino sullo schermo del cellulare della ragazza, che per qualche istante rimane come impietrita. Perché proprio adesso? Perché proprio la mattina della riunione più importante per la sua carriera? Marika tiene il cellulare stretto in mano mentre la vibrazione continua imperterrita e gli occhi scuri di Zip la guardano. Marika non si rende conto di stringere il telefono tra le mani, tanto che le nocche le diventano bianche, e dopo qualche secondo il cellulare smette di vibrare.
Il fiato di Marika ritorna a farsi corto, in quel momento ricorda quando aveva risposto al telefono dopo giorni che non lo sentiva e aveva sentito quella assurda conversazione tra lui e una certa Kate nella quale parlavano di completi intimi e del letto comodo che probabilmente avevano condiviso, la vista di Marika comincia a farsi offuscata, proprio come le altre volte che aveva ricordato quella conversazione, e lo stomaco si stringe in una morsa dolorosa provocando una fitta di nausea. Chiusa in quell’ascensore sembrava ancora peggio delle altre volte in cui le era successo, perché era già successo molte volte, ma fino ad ora non voleva ammettere a sé stessa che fosse un problema.
Appena l’ascensore raggiunge il piano e le porte finalmente si aprono, Marika, prendendo tutta la poca forza che le era rimasta in corpo, si dirige verso il bagno, incontra Mike che la saluta, ma lei non risponde. Va dritta verso i lavandini e apre il rubinetto dell’acqua fredda bagnando i polsi cercando sollievo; quindi, si appoggia con i gomiti al lavandino e, sperando di essere sola, dice: << Perché proprio oggi? >>
Marika cerca di fare dei lunghi respiri lottando contro la gabbia toracica che si era improvvisamente ristretta contro i suoi polmoni, in quel momento la porta del bagno si apre, un uomo si ferma nella zona dei lavandini prima di svoltare verso l’area dei wc maschili, Marika si maledice e si vergona che qualcuno la debba vedere in questo stato, anche se è uno sconosciuto.
<< Sta bene?>> Le chiede una voce maschile con un accento decisamente non inglese, Marika rimane chinata con lo sguardo rivolto al lavandino e all’acqua che scorre sui suoi polsi, anche volendo non sarebbe riuscita a parlare per colpa del nodo alla gola, sarebbe riuscita al massimo a mugugnare qualcosa, ma opta per una scrollata di testa positiva.
Marika sente i passi di lui mentre si avvicina, un’ombra ora è accanto a lei, un’ombra con un profumo maschile delizioso: note marine e legno di cedro.
<< Mi dia le mani>>
Marika rimane impietrita non sapendo cosa fare per qualche istante, pensa che peggio di così non potrebbe andare, fino a quando lui le prende le mani, lei è costretta quindi ad alzarsi a schiena retta.
Un ragazzo alto, ben vestito con un completo blu navy, occhi colore del ghiaccio, capelli biondi tenuti molto corti ed in ordine e una leggera barba.
<< Faccia dei respiri profondi, apra e chiuda le mani>>
Se la definizione di “sentirsi stupida” potesse essere riscritta in questo momento da Marika, probabilmente descriverebbe questa scena, un perfetto sconosciuto che la assiste durante un attacco di panico nel giorno più importante della sua carriera. Marika voleva solo scoppiare a piangere come una bambina e farsi venire a prendere dalla mamma. La ragazza fa come lo sconosciuto le consiglia, chiude gli occhi e comincia ad aprire e chiudere le mani a ritmo con il respiro.
<< Bene, ora conti fino a dieci ad alta voce e con le dita…>>
Ma a cosa serviva tutto questo? E come faceva a sapere queste cose? Aveva per caso incontrato un medico? Sta di fatto che questo ragazzo la stava concretamente aiutando e lei si sentiva una perfetta stupida, una perfetta stupida a cui però l’attacco di panico stava passando. Di solito era lei la mamma chioccia preoccupata per tutti, ma questo tipo di persone sono quelle più difficili ad accettare l’aiuto altrui.
Marika apre gli occhi puntandoli sulle sue dita tremanti e fa come il ragazzo le dice di fare, comincia a contare piano piano ad alta voce, nella sua testa nel frattempo un neurone ha preso lo scatolone con scritto “reputazione” e lo sta scaraventando a terra prendendolo a calci. Marika si vergogna immensamente per quella situazione, chissà cosa diavolo sta pensando questo ragazzo? Sicuramente che lei è una debole e fragile piagnucolona che a quasi ventotto anni si fa venire gli attacchi di panico.
Marika ormai è arrivata a contare fino a quindici, alza lo sguardo e incontra, oltre agli occhi azzurro ghiaccio, il sorriso rassicuratore del ragazzo che la sta aiutando.
<< Molto meglio vero? E’ un vecchio trucchetto che uso spesso>>
Il respiro si era magicamente calmato e non sentiva più le costole stringersi contro i polmoni, una leggera tachicardia era rimasta, ma tutta la nausea e il nodo alla gola stavano piano piano andando via. Poi si ritrova a pensare alle parole del ragazzo, anche lui utilizzava questo metodo? Quindi anche lui aveva attacchi di panico? Troppe domande.
<< Gr…Grazie…>> riesce finalmente ad articolare Marika al giovane, il quale rimane davanti a lei scrutandola ed accertandosi che lei stia meglio.
<< Non c’è nessun problema, gli attacchi di panico possono capitare, mio fratello più piccolo soffre di ansia e depressione, e quindi il suo psicologo ci ha insegnato questi trucchi per calmarli>>
Marika si stupisce della naturalezza con il quale il ragazzo sta parlando di una problematica così grave come la depressione e ansia, la sua voce con quell’accento indefinito, tranquilla e ferma, la fa sentire come in una bolla sicura, prova quindi a ricomporsi e ringrazia nuovamente.
<< Scusi per questo brutto spettacolo, le posso offrire un caffè per sdebitarmi?>> Marika doveva assolutamente rimediare al disagio provocato a questa persona e cercare di scrollarsi di dosso l’enorme imbarazzo.
<< Non si preoccupi, l’ho già preso, e comunque non è stato un brutto spettacolo, piuttosto ora va tutto bene? La vedo decisamente meglio e sta anche ricominciando a prendere colore sulle guance>> il ragazzo, essendo alto si china leggermente per controllare il viso di Marika, la quale si ritrova il viso di lui all’altezza occhi.
<< Si, molto meglio, grazie ancora>> dice portandosi le mani alle guance come per controllare che sia tutto a posto.
<< Si riguardi allora>> Marika lo guarda andare verso i wc maschili, prende un ultimo respiro profondo ed esce dal bagno. Gli occhi della ragazza faticano per un attimo ad abituarsi alla luce naturale che entra dalle vetrate degli uffici che, a differenza delle luci fredde dei neon del bagno, illuminano a giorno tutte le stanze.
<< Non gli ho nemmeno chiesto il nome>>, pensa mentre Mike la raggiunge come una saetta.